Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Domenico Cantoni (Alessandro Panzieri) giunge a Milano dalla provincia per partecipare a un concorso per l'impiego in una grande azienda. Le cose vanno bene e Domenico viene assunto ma per iniziare deve accontentarsi di un posto come aiuto usciere. Durante la prove, Domenico conosce Antonietta (Loredana Detto), una coetanea di cui s'innamora.
"Il posto" di Ermanno Olmi è un grande film, di quelli che hanno il grande merito di dire tanto anche se non sembra, di raccontarci molte cose che riguardano la vita di un intero popolo anche se l'obbiettivo è tutto concentrato sulle vicende di un ragazzo che arriva dalla provincia per cercare di ottenere un posto di lavoro nella grande metropoli. Attraverso il giovane Domenico, Olmi indaga il paese in un suo importante momento di cesura storica e con lo stile documentaristico che gli è proprio, (che per questo suo vero primo lungometraggio fa ancora sentire i suoi influssi) il film assume un carattere antropologico e sociologico insieme per il fatto di mostrare, sia il passaggio del paese dalla condizione rurale a quella industriale, che quell'aspirazione piccolo borghese propria di chi cercava di migliorare la propria condizione sociale. È l'Italia del boom economico quella che viene raccontata, quella dell' inurbamento di fine anni cinquanta, della messa in discussione dei vecchi valori, dell'aspirazione dei giovani di trovare un posto fisso, della trasformazione delle grandi città che dovevano rimodellare i loro spazi in funzione delle nuove esigenze. Stiamo a Milano, la capitale economica dell'Italia e punto nevralgico di ogni spinta al cambiamento, e Domenico vi scopre un luogo diversissimo dalla sua Meda e dalle sue aspettative, un luogo dove tutto è più complicato, tanto i rapporti umani, quanto il semplice incontrare una ragazza sul posto di lavoro, un luogo dove ogni cosa sembra svolgersi in tono dimesso. Tutto sembra ingrigito dalla routine del lavoro impiegatizio. Insomma, un luogo in cui alla felicità per il posto ottenuto fa da contraltare lo spaesamento e la solitudine. Nel volto di Domenico, nel suo agire più perchè trasportato dall'onda emotiva che lo circonda che da un suo completo convincimento, c'è tutta la diffidenza di Olmi per questi cambiamenti cosi radicali indotti dall'economia capitalistica, il timore che la fine repentina di metodiche di vite più semplici e frugali (o di quella civiltà contadina che magistralmente tratterà ne "L'albero degli zoccoli") comportasse una regressione della società nel suo insieme. Il bel finale ci mostra Domenico con la testa abbassata seduto alla sua scrivania da impiegato e ciò suggerisce, come dirà Olmi, "il sospetto che quel posto sarebbe stato nella sua vita anche un' insidia. Ora, a 40 anni di distanza, penso che troppo spesso il nostro sguardo si è tenuto basso, non ha cercato gli orizzonti a cui potevamo puntare e si è limitato a guardare rasoterra, alla sicurezza del lavoro, alla ricerca del benessere, alle garanzie assistenziali. E ci siamo privati di quella che è la peculiarità dell' essere umano, poter rivolgere lo sguardo in alto". A me sembra che ciò che interessava Olmi non era tanto mettere in discussione la legittima aspirazione di un giovane per il posto fisso quanto criticare la cultura che c'era dietro, che produceva una situazione dove mancavano alternative concrete alla ferma convinzione che se "entri in fabbrica ti sistemi per tutta la vita", (come dice il padre a Domenico). Un sistema di cose che faceva agognare un lavoro più perchè sapeva garantire almeno il minimo indispensabile che perchè rispondeva alle vere aspettative di un individuo, ai suoi più intimi bisogni etici. A quasi cinquant'anni di distanza dalla sua uscita, il fatto che il precariato è diventato un dogma inattaccabile, con la relativa erosione dei diritti a garanzia della posizione dei lavoratori che ne consegue, rende questo film tremendamente attuale. Del resto, già nel 1961 si mostrava come un film di ampio respiro anche se non lo dava a vedere. Bravi Alessandro Panzieri e Loredana Detto (che diventerà la moglie di Olmi) alla loro prima prova d'attore e gustosa la partecipazione del critico cinematografico Tullio Kezich nella parte di un'esaminatore. Un capolavoro da riscoprire.
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