Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Neorealismo sentimentale minimalista, così definirei lo stile di Olmi nei suoi primi film, tra cui certamente questo. L’abilità del regista sta nel definire i suoi personaggi e rendere la loro interiorità tramite piccoli accenni, che possono essere mezze parole nei dialoghi o piccoli espressioni dei loro volti (ottima, a questo proposito, la direzione degli attori, che pure non erano professionisti). Ne escono due interessanti ritratti umani – accanto agli altri collaterali – e una buona rappresentazione dell’ambiente di lavoro in una grande ditta milanese. Non può mancare una piccola riflessione: una volta si assumeva con molta facilità, anche per minimi bisogni, eppure le aziende funzionavano, e anzi eravamo negli anni del boom. Da molti anni (e oggi più che mai) ci si industria con ogni mezzo per contenere i costi del personale, per risparmiare a destra e a manca, tagliando anche dove non si dovrebbe, col miraggio di aumentare gli utili. Questi, tuttavia, diminuiscono. Tornando al film, è molto interessante e sentita la rappresentazione di quella piccola storia d’amore; i toni sono pacati e dimessi, ma non così sono i sentimenti tra i due giovani. Ciò che piace più di loro è forse la loro timidezza e la loro delicatezza l'uno verso l'altro.
Niente che riguardi il film di per sé. La Rai ha passato una copia che dev’essere fresca di digitalizzazione. Il formato era 1:78 o giù di lì. Siccome le inquadrature mi sembravano sempre incomplete e troppe teste cadevano fuori campo, con un effetto complessivo molto pesante, sono andato a controllare su mdb.com. Il formato originale del film è 1:33. Perché oggi ci si ostina a condannare i film in formato 1:33 a essere tagliati per farli assumere una specie di finto widescreen? Non lo so, ma so che la visione di un film vittima di quest’operazione è molto fastidiosa.
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