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Quattro matrimoni e un funerale

Regia di Mike Newell vedi scheda film

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La recensione su Quattro matrimoni e un funerale

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Sposarsi è facile. Devi solo dire sì a tutte le domande che ti fanno». Questa sicurezza di uno dei personaggi di Quattro matrimoni e un funerale non è condiviso da Charles (Hugh Grant), il protagonista, bello e impossibile, seduttore incallito, a disagio con le sue ex amanti. Irriducibile nel suo celibato, tenero e indeciso, sempre in ritardo alle cerimonie nuziali che costellano il film, anzi che sono il traliccio, l'impalcatura di una originale sceneggiatura che prevede poche digressioni logistiche dalle chiese, dai saloni dei banchetti, dagli appuntamenti dove si balla, si consumano i focosi preliminari della prima notte e si imbastiscono i presupposti dei matrimoni futuri. Alcuni amici (Simon Callow, Kristin Scott Thomas, James Fleet, Charlotte Coleman), ricchi, snob, moderatamente eccentrici, non molto diversi, negli atteggiamenti, nei dialoghi pungenti, nell'ironia dal gruppo del film Gli amici di Peter partecipano, a distanza di pochi mesi, a una serie di matrimoni. Il rito sociale che sconcerta Charles, invidioso di chi è capace di prendere un impegno così oneroso, è l'occasione di convenevoli, malignità, blande considerazioni sull'amore, sul corteggiamento e sulla solitudine. Tra una marcia solenne e un ballo di fine party, una sbronza molesta e un pettegolezzo, sbocciano i nuovi amori. Charles, perseguitato ogni volta, dalle donne amate, illuse abbandonate, depresse, spudorate, incontra Carrie (Andie MacDowell), un'americana che ha avuto "meno uomini di Madonna e più della principessa Diana", la ama per una notte, la perde di vista, la ritrova fidanzata, partecipa al suo matrimonio con uno scozzese. E lei sarà ancora lì quando il protagonista sta per pronunciare il fatidico sì. Sono i matrimoni e il dolente funerale di Gareth, gioviale gay dai panciotti coloratissimi, a scandire il racconto, la ricerca dell'anima gemella, testimoniata sui titoli di coda da un album fotografico che raccoglie le prove delle nozze di quasi tutti i personaggi. Il regista Mike Newell (Ballando con uno sconosciuto, Un incantevole aprile) unisce la sua predilezione per la descrizione minuta, talvolta feroce, di alcuni ambienti sociali e di alcune psicologie con la lezione insuperabile di Un matrimonio di Altman. Il caos fertile e sarcastico, tipico dello stile altmaniano, ha un'influenza diretta sul balletto brillante, con gag, trovate e alcuni dialoghi pregevoli, del film che rimane, però, nell'ambito rassicurante della commedia britannica. Cattiverie a fior di labbra.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 43 del 1994

Autore: Enrico Magrelli

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