Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film
Un capolavoro del nostro cinema, che fa esordire nel lungometraggio un regista come Giuseppe De Santis, che l’anno dopo si affermerà definitivamente con Riso Amaro. Ma qui siamo in un ritratto di un Italia post guerra, una fotografia bruciante e vera senza mezzi termini. Siamo ancora nel disboscamento delle mine dai campi, nella problematica dei reduci dalla guerra e dai campi di concentramento, che non riescono ad inserirsi nella società con un lavoro onesto e quindi preda di una facile e poco controllabile delinquenza a cavallo con il vecchio regime. Un’indagine che si avvale di una storia, ma che attraverso questa ci porta perfettamente nella problematica del problema. Si vedono nascere le prime cooperative, e quindi l’idea del regista, che purtroppo dovrà pagare negli anni a venire, si intravede fin dal suo primo film. Questo regista non ha avuto la fortuna di mettersi in piena luce, come è successo a Rossellini, De Sica, che forti di questa visibilità internazionale hanno portato avanti il loro progetto di cinema a passi importanti. De Santis, dopo questo film è stato messo in una scatola dal successo, meritato, di Riso Amaro, ma che lo ha catalogato in una certa maniera, non permettendogli di potersi muovere come lui voleva, e gli ha precluso molto spesso le libertà a cui la sua idea di cinema aspirava. Spesso ha dovuto fare sceneggiature per altri, ma non ha potuto fare le regie, oppure ha fatto film in cui credeva di meno, sperando che questo gli permettesse di poter avere la libertà di farne altri come lui voleva. Caccia Tragica è un esempio di grande cinema nostro e non solo legato all’idea di neo-realismo, ma sceneggiatura, legata a nomi come Lizzani, Zavattini, Antonioni, che hanno superato il neorealismo facendo una vera e propria operazione di cinema. Il finale ha un significato tutto suo e nostro come quello del lancio delle zolle di terra. Colpisce molto il personaggio di Daniela, Lilì Marlene, collaborazionista con i tedeschi che ha avuto la punizione del taglio dei capelli dai partigiani, un personaggio femminile complesso a cavallo fra il mondo tarlato di ieri con la trasparenza lucida dell’oggi. Un film che alcuni nostri grandi registi non hanno dimenticato vedi Rosi di Salvatore Giulinao e Bertolucci di Novecento, dove alcune scene sono state rifatte pari pari.
una stroia che racconta la nostro Italia c he si doveva nascere
una grande regia ed un esordio più che programmatico
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