Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Rosso Istanbul.
Grigio Özpetek (né imbellettatura chic né turgidi intellettualismi possono celare la liquida, melmosa anonimia).
Verdastro mélo (amorosi dolorosi sensi e incestuosi marosi soap: fulmineo rigetto).
Marrone thrilling (sferza nel mistery dell'anima: inanimata palude dei sensi, minata riserva delle isterie).
Beige dramma (la summa d'un pensiero iperbolico che ribolle tra le sacche esistenziali d'una duna uggiosa ed esiziale).
Seppia rappresentazione (dietro la maschera, la mascherata; in filigrana, oltre la membrana lucidata, nient'altro che la lucidatura).
Bianchissimo Turchia (oltreluogo altro, mera casuale location in extrarotazione esotica fino a tornare al nulla cosmico: ma dà tanto un tono. Che tonti.).
Ruggine lettura (sotto l'incrostazione colta, la coltura delle mediocrità, la cultura della medietà, l'inculcamento dei ritornanti: deprimenti incubi ozpetekiani).
Crema 'meta' (sta bene ovunque, copre la qualunque; e l'autore che si guarda-espone-espande-estende è cadaverica celebrazione di sé).
Bronzo personaggi (facce-statue-burattini: inerti, irrilevanti, irriconoscibili).
Nero racconto (inabissato nelle fauci dell'enfasi quale sola possibile soglia all'interpretazione: che sòla).
Rosè estetica (liscio e sollazzevole bersi quel che realmente si vede ma non si guarda. Non rimane niente).
Rosa shocking finale (il colpo ad effetto ha talmente effetto che torna indietro. Forse. O chi se ne importa):
Incolore Cinema. Invisibile. Inesistente.
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