Regia di Gilles Bourdos vedi scheda film
Venezia 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Espèces menacées di Gilles Bourdos, presentato in Orizzonti a Venezia, è un'opera che dà l'impressione di essere nata come prolungamento di un cortometraggio. Ques'ultimo costituisce il prologo dell'opera, ed è girato quasi interamente nella stanza d'albergo dove passano la prima notte di nozze Joséphine e Tomasz. Lo spettatore varca la soglia della camera credendo di celebrare l'amore di coppia ed esce con la consapevolezza di una tragedia incombente. La prima parte è autoconclusiva e costituisce l'incipit per la seconda che inizia dopo un salto temporale di un anno. Ritroviamo, allora, Joséphine che vive rinchiusa in casa senza contatti con la famiglia, porta i segni delle violenze subite da Tomasz, e come ogni donna vittima del coniuge si annulla completamente nella speranza di non subire ulteriori abusi. Nonostante la mediazione tra i coniugi Kaufman e il genero, Joséphine è restia ad ammette i reiterati maltrattamenti e ciò mette a dura prova il rapporto tra i genitori della ragazza.
Altre due storie si intrecciano con la principale. Vincent litiga con la figlia, che sta per avere un bambino, e prende in affitto l'appartamento a fianco di Joséphine dopo la separazione dalla moglie. Anthony, studente timido e complessato, deve accudire una madre psicolabile, che non gli lascia spazi di crescita. Suo malgrado, il giovane, complica la vita di Joséphine a causa di un banale incidente d'auto. Nella seconda parte la narrazione svela molti elementi della personalità dei protagonisti ma non riesce ad emozionare come nei primi minuti quando l'unitarietà di spazio e di tempo lasciavano lo spettatore in preda a svariati stati emotivi che si susseguivano in un clima ascendente di divertimento, sospetto e infine sgomento. Nella seconda parte questo pathos viene, in parte, a mancare. Gli archi paralleli hanno il pregio di adottare stili narrativi differenti: ilare quello di Vincent, per certi versi demenziale quello di Anthony ma nel complesso le due storie sembrano figlie di un Dio minore rispetto a quella di Joséphine, molto più approfondita dall'autore. Riassumendo la prima parte è molto bella ed emozionante. Gli attori sfoggiano grandi prestazioni, la sceneggiatura è sbilanciata ma mette sul piatto un'analisi chirurgica della sindrome della donna maltrattata. Mi resta da fare un appunto sul messaggio discutibile lasciatoci dal film. È accettabile violenza (impunita?) come mezzo per mettere fine ad altra violenza? Ed un uomo è tale solo quando fà propria la legge del taglione? Domande che restano nell'aria, e che insieme ai temi complessi e attuali sviluppati, fanno del film un'opera senza dubbio da vedere e più che sufficiente nei contenuti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta