Regia di Damien Macé, Alexis Wajsbrot vedi scheda film
Lo scherzo telefonico: tema risaputo ed abusato nel thriller, qui ripreso e aggiornato ai tempi dei Social Network. A dispetto di una trama poco avvincente, appare invece interessante la messa in scena opera dei due registi, che dimostrano essere in grado di sapere fare muovere sorprendentemente bene la macchina da presa.
Sam (Gregg Sulkin), Brady (Garrett Clayton) e Jeff (Jack Brett Anderson) sono i titolari del sito web denominato "Prank monkey 69": uno spazio internet nel quale il gruppo di amici riversa video di dubbio gusto, caratterizzati da scherzi telefonici fatti ad ignare persone. Un pomeriggio, dopo che Sam e Brady hanno fatto uno scherzo allo stesso Jeff, i due ricevono una strana telefonata. Il chiamante conosce molti dettagli dei ragazzi: nomi, cognomi, indirizzi. L'anonimo interlocutore, dopo aver catturato i genitori di Brady, e preso contatto via chat, esige sangue. Tanto sangue. Ma chi, e perché, ha iniziato questo sadico gioco, alternando filmati condivisi, chiamate e minacciose richieste?
"Quanti "mi piace" pensate che prenderà Prank monkey 69, pubblicando questo video?" (Domanda del killer dopo aver esposto il video di un omicidio)
Dall'Inghilterra una coppia di registi (Damien Macé e Alexis Wajsbrot) pensa di mettere assieme un classico del cinema giallo come lo scherzo telefonico (già magnificato nel 1965 da William Castle, ne Gli occhi degli altri) con il più recente horror moralista calibrato sullo stile di Saw - L'enigmista. Molto astutamente gli autori ci propongono tre scansafatiche antipatici al limite della sopportazione, che meritano senz'altro una lezione per il tipo di atteggiamento irrispettoso e deprecabile che è al centro della loro filosofia. Al punto che -e questo fa pensare- per tutto il film si tende a parteggiare per Lee, pseudonimo che si è dato il "giustiziere", con unica riserva sulle innocenti vittime che sono poi i genitori di Brady e Peyton (Bella Dayne). Anche il finale sollecita il lato giustizialista, della serie "si raccoglie quel che si semina".
Per il resto il film si dilunga (anche se dura poco più di 80 minuti) in un intreccio risaputo e puramente derivativo (gli scambi dei corpi nel finale arrivano pari pari dal già citato Saw). È vero, a causa di un paio di incredibili piano-sequenza la mascella cade al suolo: la telecamera gira vorticosamente su se stessa, attraversa una finestra chiusa, precipita in picchiata, entra in un'auto (senza alcun motivo!) ne esce sorvolando il suolo sino ad una porta, si insinua nel buco della serratura, attraversandolo, per entrare -capovolta- in un appartamento. Virtuosismi che ricordano le spericolate sperimentazioni di Sam Raimi ne La casa, avvicendate ai non sense della gru Louma, in Tenebre di Dario Argento. Però si tratta di pochissimi secondi, oltre i quali resta ben poca cosa, ovvero i cinque minuti iniziali, girati con senso della tensione, che sono poi anche la chiave di volta che spalanca la porta alle motivazioni dell'assassino. Per il resto noia quasi assoluta, intervallata da dialoghi frenetici, poco articolati, e -cosa gravissima dato il sottogenere- pochissimo splatter. Sicuramente da preferirgli, il già menzionato, Gli occhi degli altri.
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