Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film
Doppio intrigo spy per un rompicapo un po' vintage: cinema che guarda a se stesso, si arrovella su più piani narrativi senza tuttavia smarrirsi troppo. Desplechin sparge indizi e citazioni a piacimento, ma governa il melò-spy con destrezza e lucida, ammiccante follia. Un film d'autore più da Quinzaine, che da Ouverture festivaliera in pompa magna.
CANNES 70 - OUVERTURE
Ismael è un regista impegnato ad ultimare il suo film: una spy-story a cui sta rifinendo gli ultimi dettagli di scrittura, che egli immagina già come film (e che il regista ci traduce in immagini, alternandoci con sfacciata ricorrenza e scarso preavviso questa vicenda con la storia principale: che è quella del cineasta a cui improvvisamente riappare la ex compagna, data per morta da oltre vent'anni, in realtà solo fuggita da lui e dal vecchio genitore, regista pure lui.
Ismael ha ora un'altra compagna, che fa l'astrologa e ben conosce la insita triste storia dell'amore giovanile del suo uomo).
Il ritorno della donna getta sconcerto, non tanto tra le due rivali, ma su Ismael e più ancora sull'anziano padre della scomparsa. Che impiegano entrambi parecchio ad accettare la circostanza: il marito incredulo per l'inganno, il genitore quasi morto per il colpo al cuore ricevuto dalla ricomparsa dell'unica figlia femmina scomparsa senza preavviso alcuno.
Intanto il film (nel film) viene sospeso ed il regista si ritira a riflettere in campagna, tra produttori che lo cercano ed attori che non sanno quasi neanche più loro se stanno recitando la parte del loro film o invece la vita reale di due interpreti... letteralmente in cerca del loro autore.
Arnaud Desplechin con questo strano e lambiccato film affascinante apre - con una scelta da parte degli organizzatori dell'evento che definirei coraggiosa quanto azzardata ed imprudente - la kermesse del festival.
E lo fa con un film sfaccettato, apparentemente confuso e certo complesso, che tuttavia si prende molti rischi, riuscendo tuttavia a coordinare l'intento fino ad un epilogo tutto sommato più che accettabile.
Un film che parla di cinema, che si cita riproducendo lo stile dei noir americani anni '40 e '50, rendendo i personaggi tutti prigionieri di svolte concentriche che si sviluppano tra di loro.
Ed il risultato, pur caotico, ha un suo fascino innegabile; come fa piacere vedere assieme due star francesi certo, ma pure internazionali come Charlotte Gainsbourg e Marion Cotillard (con quest'ultima che si concede in una generosa scena di nudo frontale) mentre il ruolo del regista spodestato va di diritto all'attore di riferimento di Desplechin, ovvero l'uomo dall'occhio spalancato-Mathieu Amalric.
Nella parte degli attori, così come in quella dei due protagonisti del film lasciato in sospeso, troviamo un Louis Garrel un po' goffo, mentre la sua dinamica e più concreta alter ego e resa con vivacità e brio da una Alba Rohrwacher molto spigliata nell'affrontare la lingua francese.
Un film insomma, questo Ismael's Ghosts, che spesso snerva e spossa, come è successo a molti degli spettatori più impazienti in sala, ma che regala anche un fine omaggio alle vecchie spy-stories (ed il film stesso è l'unione di due gialli uno dentro l'altro, con citazioni cinefile tipo il nome del personaggio della Cotillard, ovvero Carlotta, scelto in onore a Kim Novak e di "La donna che visse due volte" di Hitch). Generi e soprattutto stili ormai da troppo tempo destinati ad essere considerati appannaggio di un tempo ormai dimenticato.
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