Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film
CANNES 70 - CONCORSO - CINEMA OLTRECONFINE
Bisogna certamente dare atto al regista Hazanavicius di saper rischiare e sapersi prendere le proprie sane, doverose responsabilità.
Dopo i fasti sin esagerati ed i premi ancor più megalomani raccolti dal famoso celebratissimo ed ovattato film vintage The Artist, con il bellico ed impegnato The Search il cineasta ricevette l'esatto contrario del trattamento del primo: una vera e propria lapidazione generale.
Ora con Le redoutable, permettersi di parlare, con una certa verve ironica, di uno dei geni più incontrastati ancora in vita del cinema di tutti i tempi, tenuto anche conto del carattere tutt'altro che accomodante del grande cineasta preso in esame, poteva sembrare a tutti gli effetti un atto di autentico sadomasochismo professionale.
La stessa traduzione di "redoutable" ci fornisce la trasposizione di un aggettivo che invoca ammirazione, ma anche un per nulla celato timore di fondo: "formidabile", certo, ma pure "terribile", "potente anche, ma soprattutto "temibile" o addirittura "temuto".
In una Parigi sconvolta dai modi sessantottini, a cui lo stesso Godard prendeva parte non negandosi neppure il lancio dei sassi del pavé stradale ai danni delle forze dell'ordine ed urlando improperi contro De Gaulle, Hazanavicius restringe l'azione ai tormenti e all'estasi vissuti in quel periodo da Godard mentre la sua vita amorosa e professionale lo conduceva ad un binario antitetico.
La felice storia d'amore con la giovane attrice Anne Wiazemsky (era la protagonista bambina dello straordinario e drammatico Su bazar Baltazhar di Bresson), vent'anni meno del regista, a cui si antepone la fredda o addirittura contestata accoglienza, al Festival di Avignone come ovunque, del film militante e filo maoista La cinese, che riuniva per l'occasione la coppia di vita sul grande schermo.
Godard ne esce piuttosto male, sconfitto, incerto sul da farsi, chiamato anche ad intervenire a comizi e raduni dei promotori delle proteste studentesche, ma poi contestato, zittito e messo a disagio.
L'unico rifugio sicuro: a casa con la sua donna, o al cinema a vedere con lei qualche vecchia perla cinefila (riconosciamo La passione di Giovanna D'Arco e un film con Gene Kelly).
Hazanavicius forse ci racconta tutto ciò pensando anche un po' a se stesso, alle critiche pesanti ricevute col citato film precedente, alla consolazione e protezione del potersi rifugiate, pure lui come Godard, in una intimità familiare con la sua attrice e compagna che meglio di chiunque altro può comprenderlo.
Detto questo Le Redoutable vale soprattutto per la straordinaria prova che Louis Garrel ci regala una performance da Palma alla migliore interpretazione, invece ignorata. Lo fa entrando letteralmente addentro al suo personaggio, mimandone la voce strascicata in modo eccezionale, conferendo ad un personaggio osannato ma temuto, una umanità ed uno humour innato in grado di restituircelo meglio di ogni idea che finora possiamo esserci fatta sul Godard-uomo.
Affianca Garrel la deliziosa Stacy Martin, molto somigliante alla sua alter ego reale, e credibile come anima gemella terapeuticamente indispensabile per sopravvivere indenne o quasi alla tensione e alla responsabilità di chi è stato amato in modo incondizionato, nel momento terribile in cui è contestato e rifuggito categoricamente e senza appello.
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