Regia di Richard Attenborough vedi scheda film
«Pieno di rumore e di furore, il film non significa nulla». Così concludeva Tullio Kezich la sua "panoramica" recensione, iniziata con il paragonare Quell'ultimo ponte (anche qui, avrei preferito una traduzione del titolo più consona all'originale A bridge too far: un ponte troppo lontano, un ponte troppo oltre, forse anche un ponte di troppo), per costi e perdite, addirittura alla stessa Seconda Guerra Mondiale. Il giudizio è troppo netto e troppo duro. I troppi divi presenti, quasi tutti in ruoli di altissimi ufficiali, spesso a combattere sul campo, nonché un eccesso di ricorso ai luoghi comuni per descrivere i militari inglesi, americani e tedeschi, è innegabile, non depongono a favore del film di Attenborough. Però all'attivo vanno messi l'assenza di retorica e di deleterio patriottismo, il coraggio di raccontare un episodio non certo glorioso per le truppe alleate (il "genio" strategico del generale Montgomery ne esce a pezzi) e qualche sequenza di battaglia tra le migliori mai girate. Ci si sarebbe attesi, forse, una qualche dose di satira bellica e antimilitarista, ma si sa che Attenborough non è Kubrick e probabilmente, in quanto a satira, aveva già dato con il suo esordio registico Oh che bella guerra! (1969).
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