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Fusi di testa

Regia di Penelope Spheeris vedi scheda film

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La recensione su Fusi di testa

di scandoniano
7 stelle

Wayne (MikeMyers) e Garth (Dana Carvey) conducono dal garage di casa propria uno show demenziale basato sulle loro trovate, sul loro modo di intendere la vita e di divertirsi: non a caso il programma TV si chiama “The Wayne’s world”. Sedotti da un produttore senza scrupoli che ne intravede le potenzialità e vuole farne un cult televisivo, i due strambi amici si ritroveranno in un mondo che non appartiene più loro…

Quando l’artigianale diventa industriale il prodotto non può rimanere lo stesso. Questo  il succo di “The Wayne’s world”, uno dei film che ha rivoluzionato il genere comico americano. Ma il tema trattato conta poco; ciò che è interessante è lo stile comico messo in mostra da Mike Myers, al suo esordio al cinema attraverso un personaggio reso famoso nella fucina del Saturday’s night live e che qui l’attore (ovviamente anche soggettista) ha modo di far conoscere a tutto tondo, mostrandone l’identità completa.

Assieme al suo compagno storico Dana Carvey, Myers ha la genialità di commistionare completamente la realtà con la finzione televisivo-cinematografica, spezzandone la rigida dualità attraverso numerosi escamotage e un po’ di immancabile citazionismo (dalle musiche di altri film, al dialogo coperto dai rumori di un aeroplano, già visto, tra gli altri, ne “Il fascino discreto della borghesia”). Ecco che questo mixare la realtà quotidiana di Wayne (semplicemente riportata sullo schermo via cavo), con la realtà dei personaggi del film (che ritornano reali parlando in camera o raccontando i retroscena a mo’ di narratori), trasportando infine i meccanismi di fiction nella vita reale, ridicolizzano i meccanismi della finzione scenica e rappresentano un continuo rimando tra testi e sottotesti che è un bel gioco d’equilibrismo ben congegnato e discretamente riuscito. Divertente da vedersi, ancora più godibile per chi mastica l’inglese, il film non ha avuto lo stesso successo al di qua dell’Atlantico di quanto ne ha avuto, sia come impatto sociale e mediatico che come archetipo di una nuova modalità di fare film comico demenziali, rinverdendo la tradizione dei vari Mel Brooks e Leslie Nielsen. I tre finali differenti valgono mezzo voto in più nella valutazione.

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