Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Un Penn pessimista quello de La Caccia. Il suo quinto film (se consideriamo anche The Train, ufficialmente attribuito a John Frankenheimer) è una ricognizione morale fra le coscienze - assenti - degli abitanti di una piccola cittadina americana. Ne vengono evidenziate le meschinità, le soverchierie, le viltà, con un approccio duro e diretto. Fra ricchi paperoni svampiti e decadenti e coniugi uniti da riprovevoli taciti modus viventi (Penn forse non vede di buon occhio la rivoluzione sessuale di quegli anni?), la famiglia perde ogni suo valore fondante e la giustizia trova scarse possibilità di essere esercitata. Un' America sconvolgente, priva di qualsiasi rispetto reciproco. Il giudizio di Penn è inflessibile: un'intera cittadina che se ne sta a guardare un uomo sanguinante che, solo, cerca di fare giustizia. Una sarabanda di immoralità che non lascia alternative, se non quella di fuggire. Brando è brusco, risoluto, unico baluardo di rettitudine in mezzo ad una masnada di beoti, mentre Jane Fonda risulta efficace nel suo ruolo. Lo spirito, l'idea che sottende la pellicola è solida nella sua spietatezza, ma non sempre si traduce in una realizzazione altrettanto incisiva.
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