Regia di Henry Hathaway vedi scheda film
Penultimo film di un ottimo regista che tutto sommato delude (pur potendo disporre di Gregory Peck e di una ragazzina piuttosto brava) soprattutto nel finale.
IL SOLITARIO DI RIO GRANDE (1971)
Negli anni '40 e '50 Henry Hathaway aveva diretto parecchi ottimi film ed anche negli anni '60, seppure diradando le sue regie, altri titoli positivi li si ricordano. L'ultimo di quel decennio, per esempio, "Il Grinta" con John Wayne.
Di lui il film che io rammento con maggior piacere era stato, nel '56, "23 passi dal delitto", un giallo diretto con maestria e interpretato da un indimenticabile Van Johnson cieco.
Purtroppo, 15 anni dopo, al "delitto" arrivò con questa sua penultima pellicola.
Per due terzi si ha netta l'impressione che evolva quasi sul piano della commedia in quanto Gregory Peck (che peccato non sfruttarne adeguatamente la presenza) interpreta sì un uomo in cerca di vendetta ma, ritrovatasi affidata una bimba di sei anni che potrebbe essere sua figlia, la storia si nutre essenzialmente dei dialoghi fra i due (abbastanza gradevoli) e del loro rapporto. Lui tenta di affidarla a qualcuno che se ne prenda cura ma nasce anche un affetto reciproco (lei è simpatica e piuttosto brava la bambina che la interpreta: Dawn Lyn).
Si è fatto giustamente otto anni di prigione perchè responsabile di una rapina ma il suo desiderio di vendicarsi è comprensibile perchè fu catturato in quanto ferito da un complice poi fuggito con tutto il bottino. Deve difendere la bimba e se stesso da tre killer assoldati dal suo nemico, ma tutto lascia pensare che trovi il modo di rinunciare alla sua intenzione di uccidere, "redento" proprio dal contatto con la sua probabile figlia.
Mi aspettavo dunque un finale di questo tipo tale da poter classificare questo film come adatto ad una visione con dei ragazzini accanto, senza inaccettabili scene violente.
E invece no: due uccisioni ci saranno, ambedue evitabili; l'ultima, riguardante il complice traditore, moralmente proprio ingiustificabile anche nelle modalità.
A mio parere dunque una trama che si poteva salvare abbastanza facilmente. Così non è stato, non so dire se a causa del soggetto o se per colpa del regista.
Secondo me, complessivamente fatica ad arrivare alla sufficienza benchè apprezzabile sia per i paesaggi sia in alcune scene d'azione sia, come detto, per alcuni dialoghi. Giudizio non positivo insomma, ma non al punto di sconsigliarne una visione per farsene un'idea propria.
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la recensione precedente (LUPI NELL'ABISSO, 1959) DEL 30.1.16
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