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Il cattivo tenente

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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Scarlett Blu

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La recensione su Il cattivo tenente

di Scarlett Blu
8 stelle

Mi sono avvicinata per la prima volta a questo film di Abel Ferrara, avendone sentito parlare come di una delle migliori pellicole dell’ autore. Ispirato a un vero efferato fatto di cronaca, fu presentato all’epoca al Festival di Cannes, dove non vinse alcun premio, ma impressionò pubblico e critica.

 

Oggi è considerato a tutti gli effetti un film cult.

Ho sempre guardato questo regista con un po’ di diffidenza per il tipo di cinema piuttosto lontano dalla mia sensibilità personale; mi sono documentata sulla storia, - anche qui sul sito - sul tipo di trama e sul personaggio controverso, difficile e alquanto scabroso interpretato magistralmente da Harvey Keitel davvero maestoso e superbo nel rendere il tormento, la perversione in bilico tra il malessere esistenziale e il conflitto.

Spesso il realismo eccessivo nudo e crudo non dico che mi offende, ma un po’ mi disturba, e anche in questo caso la pellicola non ci risparmia niente, non ci sono filtri o velature di alcun tipo, nessuna ambiguità né libera interpretazione.

Quello che vedi è quello che è; – nella scena iniziale dove il tenente accompagna i figli a scuola,  già capiamo con chi avremo a che fare, certamente non un padre modello, e tutt’altro che un poliziotto integerrimo - fin dalle primissime immagini veniamo catapultati con una certa violenza visiva e verbale dentro la realtà più degradata e squallida di cose, ambienti malfamati, corpi e persone, verità che ci viene sbattuta in faccia senza tanti complimenti.

Il cattivo tenente del titolo è davvero un pessimo soggetto, volgare anima nera e corrotta, pervertito senza speranza e quasi senza coscienza, ormai ingoiato nella realtà più marcia del vivere senza apparente rimedio, sprofondato in un inferno personale che lo porta sempre più in basso, dedito ai vizi peggiori, tra droghe, alcool e scommesse sportive, attraverso un percorso autodistruttivo e fatale.

Eppure anche in tutta questa oscurità, a volte sembra filtrare un debole raggio di luce che si manifesta in uno strano singhiozzo, un pianto simile a un lamento che viene dal profondo, sintomo di un tormento celato e ben nascosto, ma messo letteralmente a nudo non soltanto in senso metaforico, e credo sia questo il significato di quella scena di nudo che non ha nulla si sensuale (vedevo la scena e pensavo all’ attore in un’altra scena simile, nel bellissimo e potente Lezioni di Piano di Jane Champion, dove la nudità aveva una valenza del tutto diversa).

Tutto potrebbe andare avanti così all’infinito, tra sniffate di cocaina, spinelli e quant’ altro, prostitute e papponi, finché non accade un evento drammatico, una violenza ai danni di una suora, che genererà uno squarcio inatteso nella coscienza oscura del tenente.

Anche qui il regista non ci risparmia la brutalità, la crudezza dei gesti violenti tinti di rosso, unico filtro che il regista mette tra noi e la violenza sessuale, (per me una delle scene più difficili da reggere in un film, motivo per cui eviterei di guardarlo.) Naturalmente, se dovessimo parlare puramente di violenza sulle donne e della reazione della vittima di fronte ad un evento del genere, ci sarebbero delle incongruenze e delle forzature, ma qui c’è un profondo parallelismo tra la suora e la figura di Cristo.

La violenza è il motore scatenante di tutto.

Qui scatta la molla che fa smuovere una coscienza che pareva addormentata e sbriciola sicurezze e indifferenze solo apparenti; è emblematica la scena che vede il tenente in chiesa prostrarsi abbattuto e sconvolto, quasi non reggesse di poter stare allo stesso livello di fronte a una donna tanto umiliata che incredibilmente perdona i suoi aguzzini.

È in questo momento che inizia una specie di percorso di redenzione, imprevisto e imprevedibile, visionario e allucinatorio che si rivela davvero impressionante, dove si sente il peso della colpa, la sofferenza del protagonista (per me, insieme a quella del finale, una delle scene del film che resta fortemente impressa, che rivela il personaggio e la sua essenza intima, l’ umana fragilità, la coscienza fatta di luci e ombre che dalle ombre era divorata e soffocata.)

Il finale forse è l’unico realisticamente possibile; è potente e veramente inaspettato, arriva e non siamo quasi preparati ad accoglierlo, anche se qualche premessa ci era stata data.

Nel suo genere è un ottimo film senza dubbio, retto da una sceneggiatura realistica e una fotografia  notevole e convincente.

Per gusto puramente personale, non posso dire che sia tra le pellicole che preferisco, è un opera respingente e non facile da fruire, ma indubbiamente è un film che per potenza espressiva e contenuti resta impresso negli occhi e nella memoria fin dalla prima visione.

Provare per credere.

 

 

 

 

Su Harvey Keitel

Una prova davvero impressionante e memorabile, Keitel dà corpo e anima a un personaggio scomodo, assolutamente sgradevole, terribilmente fragile, che più controverso di così non era forse possibile dipingere.

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