Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
In questo film l'eccesso non è l'inebriante e volontario affondo nella trasgressione, bensì la disperata schiavitù di una morale invertita, che indirizza ogni gesto quotidiano verso il male. Le dipendenze del tenente sono solo le diverse manifestazioni di una normalità malata, che spinge inesorabilmente la ragione a scegliere ciò che è sbagliato, e l'istinto a godere di ciò che è illecito. La coscienza è viva, ma l'abitudine è più forte, ed incalza la sua vittima come il perverso meccanismo che induce il giocatore perdente a puntare somme sempre più elevate. La cattiva azione non ripaga, perché è come un versamento a vuoto; non c'è guadagno di ritorno, ma solo un vuoto che si allarga. La figura del protagonista si sottrae alle logiche cinematografiche degli eroi positivi e negativi: egli è unico, e quindi solo, abbandonato dai buoni e dai cattivi, da Dio e dagli uomini, perché il suo agire non rispetta nessun codice riconoscibile, né persegue alcun fine condiviso. Ed è per questo che egli, emblematicamente, morirà per mano ignota, ed il suo ultimo atto sarà un'indecifrabile via di mezzo tra la condanna ed il perdono. Ne "Il cattivo tenente" Abel Ferrara realizza un nuovo, personalissimo modo di guardare la realtà dal fondo: questa volta la ritrae attraverso la psicologia morbosa del protagonista, rendendo visibile il suo compiacimento, però impedendo allo spettatore di parteciparvi.
Magistrali il ritratto della suora e la dinamica della scena finale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta