Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Il fascino intrinseco che possiede Teorema di Pasolini resta incomprensibile a molti. Ciò che invece sembra prevalere all'unanimità è la difficoltà di comprensione che lo avvolge. La contorta trama che si alterna tra dramma e irrealtà, che inizia come un documentario sul mondo del lavoro e si converte poi in una sceneggiatura che esalta il turbamento umano derivante dalla necessità di soddisfare i propri istinti sessuali intrinsechi.
Un ospite inatteso e mai presentato, arriva a casa di una famiglia borghese. Ne resta sedotta prima la domestica, poi la madre, il figlio e la figlia e infine anche il capofamiglia. Alla sua partenza, improvvisa come la sua venuta, i cinque mutano il proprio essere e diventano qualcosa di diverso ma che in realtà covavano dentro da sempre: la domestica viene venerata come una santa e come una santa si lascia seppellire viva, dopo essersi nutrica di ortica e aver fluttuato nell’aria, la madre si scopre ninfomane e seduce ogni giovane uomo le capiti a tiro, la figlia diventa catatonica mentre il fratello lascia la casa e si dà all’arte, alla pittura incompresa e ossessionata da un amore non realizzabile il padre infine cede l’azienda agli operai (da qui quel simil-documentario d’aperura) e vaga nudo dalla stazione al deserto.
Colmo di significati nascosti, Teorema è un film in gran parte religioso. Oltre all’esplicita presenza della martire, agnello sacrificale, e dell'angelo annunciatore (interoretato da Ninetto Davoli con il nome di Angelo, più esplicito di così...) della venuta dell'ospite, la madre può essere paragonata alla Maddalena così come il padre a San Francesco che si spoglia dei suoi averi non ritrovandone il senso della possessione.
Quello che finisce per essere l’ennesima dichiarazione di astio contro la borghesia, un manifesto che esplica il benessere che rappresenta le famiglie agiate è un film complicato e difficile da seguire per tutta l’intera durata, con l’attenzione che decade a più occasioni così come in diversi punti si finisce per perdere il filo della narrazione.
Notevole la fotografia e l’utilizzo di alcune inquadrature che dimostrano quanto il modo di fare cinema di PPP si sia evoluto nel tempo migliorando infatti anche nel montaggio che prima era spesso rappresentato da tagli bruschi e improvvisi cambi di scena.
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