Regia di Claudio Gora vedi scheda film
Una diva del muto rievoca i suoi trascorsi, a partire da quel La contessa azzurra a cui partecipò quasi per caso, sostituendo la diva Loreley e ottenendo un enorme successo. Su quel set nacque anche la sua storia con il regista Salvatore, troncata però dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Un’operazione nostalgica condotta con una sufficiente dose di ironia, questo La contessa azzurra; dietro la macchina da presa non c’è però una vecchia gloria del cinema muto, bensì Claudio Gora, classe 1913, alla sua settima regia in un decennio (il suo esordio fu con Il cielo è rosso, nel 1950) eppure più noto ancora oggi come attore. La sceneggiatura reca le firme di Gora, Alberto De Rossi, Luigi Bazzoni e Suso Cecchi D’Amico: un bell’impasto di melodramma, atmosfere retrò e qualche risatina nel punto giusto, per non prendersi eccessivamente sul serio; la narrazione scorre spedita e il cast funziona a dovere con gli inserimenti nei ruoli centrali di Amedeo Nazzari, Paolo Stoppa e soprattutto di una star internazionale quale Zsa Zsa Gabor; già meno funziona – pur non sfigurando – Elly Davis, debuttante e già alla sua penultima interpretazione (tornerà l’anno seguente in un ruolino ne Il giudizio universale di Vittorio De Sica). Parti minori sono destinate poi a Franca Marzi, Carlo Giuffrè, Irene Tunc, Mario Passante e Roberto Camardiel. La durata che sfiora i centodieci minuti forse è un po’ spropositata e il nucleo centrale della storia finisce per perdersi in qualche rivolo di troppo, ma la tenuta narrativa è comunque discreta. 5/10.
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