Regia di Gianni Franciolini vedi scheda film
Dopo alcuni noir americani fra i miei preferiti (che trattano dei nostri emigranti) passo a presentarvi alcuni film italiani pervasi anch'essi da quell'atmosfera ancorata ad una base realistica. Il primo, anche in ordine di tempo, è questo realizzato da Franciolini: la non facile vita dei camionisti nel Nord Italia nel '42, tempi neri per tutti.
FARI NELLA NEBBIA (1942)
Di sicuro il cinema italiano al noir arrivò in ritardo rispetto ad America e Francia.
D’altra parte in Italia era ben difficile si sviluppasse un tale filone nel ventennio fascista durante il quale non esistevano più ladri e assassini né tanto meno mostri perversi (stando ai giornali, dai quali la cronaca nera era bandita).
C’erano, dal 1929, alcune traduzioni tollerate di autori stranieri, pubblicate da Mondadori con copertina gialla da cui il termine “romanzi gialli”. Ma il cinema doveva essere più rigorosamente quello “distraente” dei telefoni bianchi.
Sugli schermi solo qualche poliziesco classico purché ambientato in altri paesi (esempio: “La pantera nera”, di Gambino, 1942, a Budapest) o in altre epoche (“L’orologio a cucù”, di Mastrocinque, 1938, Italia ma periodo napoleonico).
Tuttavia, nei primi anni quaranta qualche novità arrivò.
Leggo infatti da più parti che Il primo film italiano a potersi definire “noir” (ma anche neorealista) sia stato, nel 1943, “Ossessione”, di Luchino Visconti, liberamente ispirato al romanzo di James M. Cain “Il postino suona sempre due volte”.
E, secondo alcuni, Gianni Franciolini lo precedette di un anno con questo “FARI NELLA NEBBIA”. Ovviamente molto meno noto, motivo per cui volentieri ve ne suggerisco la visione:
https://www.youtube.com/watch?v=f79XSwBtox0
Penso che potrete trovare qualche somiglianza, non solo per il titolo, con "Il porto delle nebbie" di Marcel Carnè, del 1938. Film che io considero bellissimo, dunque non intendo paragonarlo come qualità, ma il tema non è affatto distante, a mio parere. Sarà anche perchè Franciolini tornò in Italia proprio in quell'anno da Parigi dove era stato aiuto di diversi registi francesi.
Il protagonista (Cesare) è interpretato da Fosco Giachetti (attore di primissimo piano nel ventennio fascista, dalla recitazione asciutta e virile).
È arrivato alla guida del suo camion a Savona e ha chiesto in prestito al suo secondo la motocicletta. Sono le 3 e alle 7 ... "sarò di nuovo qui per caricare". Intende infatti fare un salto a casa perchè è ossessionato dal fatto che c'è stato un litigio con la moglie Anna (Mariella Lotti) che se n'è uscita di casa di corsa. Ma il capo li chiama e vorrebbe che ripartissero subito, con il 666, un nuovo camion ("un gingillo che vale 500 mila lire"). Allunga il percorso e sale in casa, ma Anna non c'è. Deve ripartire subito, è preoccupato ed ha anche sensi di colpa.
Nell'immagine (ce ne sono poche, tenterò di trovarne altre) marito e moglie sono insieme ma a questo punto non si sono ancora rivisti.
Lei è una bella donna (quella di Mariella Lotti era una bellezza raffinata e definita "altera" e questo fu l'unico film in cui impersonò, peraltro apprezzata, una donna di modesta condizione sociale).
Anna torna a casa poco dopo, ma lui è già ripartito. Ha fatto l'alba, per distrarsi, in un locale notturno con una collega di lavoro. E naturalmente hanno cominciato a corteggiarla.
Ma lei era solo adirata nei confronti del marito, non è una moglie leggera. Almeno per ora sono solo avances non ricambiate..
Altri "personaggi" del film sono naturamente la strada, il camion, il buio, spesso due fari nella nebbia, con tutti i rischi e la tensione che ciò comporta.
E poi il destino ti può far incontrare una donna (Piera) con la quale pensi di poter iniziare una nuova vita.
Eccolo, con Luisa Ferida, una delle più note e capaci attrici italiane dal '35 al '45, quando il 30 aprile le tolsero la vita a 31 anni (*).
Sembrano entrambi sereni, anche se sul viso di lui un velo di tristezza c'è.
Ma fa parte del destino anche accorgersi di aver sbagliato; e non poter contare su chi si crede amico. Ecco il suo antagonista nel film (Antonio Centa, qui forse alla fine del suo periodo di successo): Carlo, camionista anche lui. Non ho trovato, per ora, un fotogramma dal film.
Ma, come quasi sempre, il problema principale non è quel che ti accade ma sei tu, il tuo carattere. Il destino sei tu ad interpretarlo e spesso sei tu a subirlo, assecondarlo o cambiarlo.
"Fari nella nebbia" è film stilisticamente complesso: sembra introdurre novità che verranno riprese dal neorealismo italiano ma propone anche simbolismi per loro natura ad esso antitetici.
Le tante riprese nella nebbia, nella pioggia, nella notte, creano un'atmosfera che va oltre la rappresentazione del vero, è evocativa, misteriosa, enigmatica.
Sì, un’atmosfera noir.
Le passioni umane della storia narrata risultano allo spettatore ben più irrefrenabili e violente rispetto al consueto di quell’epoca.
E’ un mondo oscuro, ambiguo, presente nell'inconscio di ciascuno.
Una tristezza buia che sembra rappresentare il sentimento della gente in quel periodo in cui il fascismo aveva portato al paese le sofferenze e le prospettive nefaste della guerra.
Un saluto a chi mi legge,
cherubino
11 aprile 2018
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Non ho potuto fare a meno di aver presente durante la visione del film (e ora che ne scrivo) il ricordo terribile della fine ingiusta riservata a Luisa Ferida.
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