Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Doveva sancire l’incontro dello spettacolo d’autore di Scola con la poetica civile di Pasolini: dopo aver letto il soggetto, il secondo promise al primo una prefazione al film alla maniera dei romanzi, ma fu ucciso prima di poterla realizzare. Pur spurio di questo inusitato apparato, Brutti, sporchi e cattivi non soffre la mancanza di una legittimazione proveniente da colui che per primo diede un senso alle borgate: l’idealizzazione pasoliniana della povera gente è negata sin dal titolo del film più spericolato di Scola. Sebbene facilmente accusabile di una stilizzazione a cui forse non fu immune nemmeno il Comencini del più fiabesco Lo scopone scientifico, il regista riesce ad inventare un mondo che si rifà alla realtà sottoproletaria per diventare altro da sé, in una prospettiva quasi iperrealista (una realtà più reale della realtà) che qua e là si concede una deviazione onirica (è un incubo?).
Se proprio volessimo giocare all’incasellamento, probabilmente non è neppure una commedia all’italiana ufficiale. Piuttosto un’inquietante fantasia grottesca, forse un fellinismo mitigato dall’incidenza pasoliniana, un coro di mostri incapaci di emanciparsi dalla propria atrocità, un gioco al massacro di detonante pessimismo a cui è concessa l’illusione di una speranza nel momento in cui la prostituta Iside dialoga con Giacinto buttato sulle sue enormi tette. Eccezionale Nino Manfredi che riesce perfino a temperare il gigionismo congenito al brutale e squallido personaggio (truccato dal grande Franco Freda).
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