Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Quelli di Pasolini erano poetici e letterari, quelli di Citti bisognosi e sognatori, quelli di Scola brutti sporchi e cattivi. L’ambiente sottoproletario nella visione di uno dei maestri della commedia all’italiana diventa il ricettacolo dei bassi istinti e del cinismo di un’umanità che avendo poco da spartirsi non lo vuole spartire con nessuno e dove la promiscuità abitativa diventa facilmente promiscuità sessuale. L’inizio è folgorante nel fotografare, con due panoramiche consecutive della casa-baracca mentre tutti dormono, l’anormalità di un situazione che non può che disturbare la nostra cultura che si è lasciata alle spalle le case-dormitorio e questa promiscuità che ci scandalizza. Il capofamiglia, un Manfredi senza freni, è un vecchio satiro che non vorrebbe dare niente a figli nipoti e acquisiti, nemmeno il mangiare e il dormire, ma quello che deve difendere è il milione dell’assicurazione per l’occhio perso, visto che già la sua povera mamma, teledipendente e sulla sedia a rotelle, è costretta a dare la sua pensione ai nipoti. I figli del capo-tribù si arrangiano con lavori più o meno legali e redditizi e alla fine ritornano sempre nella casa paterna sperando prima o poi di trovare il milione. Scola spinge sugli eccessi di un ambiente che rigetta le logiche borghesi e cittadine, avvicinandosi all’africa per le sue logiche tribali e poligamiche. L’istinto è sempre pronto a battere la morale, in una guerra tra poveri che alla fine non può che peggiorare la situazione di partenza. Incastonato tra due capolavori scoliani, C’eravamo tanto amati e Una giornata particolare, questo film è un ritratto tragicomico più amaro che dolce di un mondo che aveva poco da perdere ma che già faceva brutti sogni consumistici che agitandone il sonno ne prevedevano l’omologazione, l’inclusione nel mondo borghese.
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