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Il passo sospeso della cicogna

Regia di Theo Anghelopoulos vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il passo sospeso della cicogna

di yume
10 stelle

Quanti confini bisogna attraversare ... per ritrovarsi a casa? E’ come chiedersi dove vanno a finire gli aquiloni quando fuggono di mano ai bambini.

Un giornalista televisivo di Atene, Alexandre (Gregory Karr), un uomo di mezza età (Marcello Mastroianni) importante politico greco scomparso misteriosamente venti anni prima, autore di un libro, “Malinconia di fine secolo”, criticato con fastidio da tutti, destre e sinistre, la sua ex-moglie francese (Jeanne Moreau), donna intensa, chiusa nel dolore sordo dell’abbandono inspiegabile, che vive ora nella superficie mondana del secondo ricco matrimonio, il comandante militare (Ilias Logothetis) di un avamposto che sorveglia il confine, una giovane donna (Dora Chrysikou) che l’uomo di mezza età ha avuto dalla seconda compagna morta attraversando il confine, il suo fidanzato fin dall'infanzia, un giovane che si vedrà solo sull’altra sponda lontana del fiume Evros durante la cerimonia del matrimonio a distanza.

 

Protagonisti di una storia senza sviluppo, nata nel tempo e finita fuori dal tempo, vivono in un non luogo dove, comunque, arriva il Natale, freddo, di ghiaccio sulle strade e sui binari di una vecchia stazione, mentre coppie ballano svogliate e l’orchestrina strimpella un patetico White Christmas.

 

E’ Natale in una squallida città del nord della Grecia, al confine con l'Albania.

Profughi di vari paesi che il governo greco ha riunito in un limbo, forse più un ghetto, in attesa di un ipotetico trasferimento verso altri confini, vivono in un tempo sospeso, mitico, una vita impoverita vendendo patate coltivate sotto la neve, ubriacandosi nella bettola fumosa, piangendo con lunghi lamenti i cadaveri che di tanto in tanto una rivolta abortita sul nascere o un maldestro tentativo di superare il confine dissemina sui campi gelati o appende al braccio di una gru.

 

Cultura dell'esclusione, un confine artificiale segnato sul terreno, un villaggio globale senza connessione, il passo sospeso sulla linea blu:

"Se continuo o mi ritrovo all'estero o mi ritrovo morto".

 

linea blu, territorio greco - linea bianca: terra di nessuno - linea rossa: territorio turco.

Il tempo della storia finisce in una linea colorata, difesa da uomini in divisa, stivali di cuoio e camionette rumorose.

Uomini, donne e bambini come pedine di una scacchiera mosse da mani invisibili, ma c’è chi si rifiuta di esserlo:

“Ti auguro salute e felicità ma non posso prendere parte al tuo viaggio. Sono solo un visitatore. Tutto ciò che tocco mi ferisce profondamente. E poi non mi appartiene. C'è sempre qualcuno a dire: "Quello è mio!" Non ho niente di mio ... ho detto arrogante un giorno. Ora ho imparato che niente ... non è niente. Che non abbiamo nemmeno un nome. E che ogni volta abbiamo bisogno di prenderne in prestito uno. Dammi un posto dove guardare. Dimenticami nel mare. Ti auguro salute e felicità.”

 

L’uomo politico, speranza di rinnovamento nel Paese, promessa di un futuro migliore dopo tanto lottare, aveva lasciato questo messaggio nella segreteria telefonica della moglie, e al Parlamento riunito in attesa di un suo gran discorso aveva detto:

"Qualche volta è meglio tacere per ascoltare la musica che c'è dietro il rumore della pioggia".

 

E poi via, sparito, tornato per quaranta giorni dalla moglie, ma ormai era un altro ed così era andato via per sempre.

 

Theo Angelopoulos, Tonino Guerra, Petros Markaris e Thanassis Voltinos scrivono il film, Angelopoulos lo dirige,Eleni Karaindrou lo intride di una musica che fonde le sonorità balcaniche con i ritmi del rebetiko, la musica greca nata “dalla disperazione di un’antica crisi, una delle musiche che hanno costruito l’identità moderna della Grecia, trasportando con sé il dolore dell’esilio e la ribellione alle violenze della storia. È una musica contro il potere, non autorizzata, indebita.” (V.Capossela).

 

Il passo sospeso della cicogna,girato trent’anni fa, si apre con una scena di mare, elicotteri che rastrellano a pelo d’onda, pilotina della guardia costiera e gommone che setacciano in cerca di corpi.

La voce esterna:“Viaggiando per un incarico alla frontiera, ho continuato a pensare all'incidente al Pireo. Corpi di rifugiati asiatici in mare, dopo che le autorità greche si erano rifiutate di concedere loro asilo politico. La loro determinazione a saltare fino alla morte, da una nave greca, in mare aperto dopo che erano stati scoperti, mentre attraversavano il mare ... Come si parte? Perché? Dove? È come in quel vecchio poema? "E non dimenticare che è arrivato il momento di andarsene, il vento porterà i tuoi occhi lontano."

 

E’ la voce di Alexandre, l’uomo che ancora si pone domande, spulcia archivi, intesse inchieste e arriva al confine.

Ma lì il suo passo resta sospeso.

 

Un giorno mio marito attraverserà il fiume e verrà a prendermi… ha detto al giornalista la giovane donna che indossa ancora l’abito bianco del matrimonio.

Il bambino sulla riva racconta al regista dell’uomo di mezza età ormai sparito davvero per sempre, quello che gli raccontava la favola dell’aquilone.

L’ha visto camminare sull’acqua con una valigia in mano e poi sparire lontano nella foschia.

Ma non mi ha raccontato come finisce la favola”, aggiunge col broncio dei bambini che vogliono sapere come finiscono le favole.

 

“Quando la terra comincerà a bruciare per essersi avvicinata al sole la gente del nostro pianeta dovrà andare via. Avverrà allora quello che la storia ricorderà come “La grande migrazione”. E così partiranno da dovunque si trovino con quello che avranno a disposizione e si riuniranno tutti nel deserto del Sahara. Lì un bambino avrà lanciato in aria un aquilone, alto nel cielo.

Grandi e piccini stringeranno allora quello spago e si alzeranno con l’aquilone nello spazio in cerca di un altro pianeta.

Ognuno porterà con sé chi una piccola pianta, chi un ramo di rose, qualcuno avrà un piccolo animale e qualcun altro tutte le poesie che l’uomo abbia mai scritto.

Sarà un viaggio lungo, un lungo viaggio…”

 

“Ma come finisce la favola?”

 

Tempo immobile, le favole non hanno un finale, la scena si sposta sul piazzale del sobborgo e il colonnello beffardo che accompagna Alexandre sghignazza parlando dei profughi sotto la sua giurisdizione:

Qui nel quartiere ognuno ha il nome che ha dichiarato, quasi nessuno ha documenti, non può dimostrare chi è chiQuassù, in questo estremo angolo del Paese, tutto acquista una dimensione diversa. Solitudine, incertezza, un senso di minaccia continua. Impazziscono gli uomini”.

 

Film "sulla comunicazione, sulle frontiere che la impediscono", sulle "frontiere linguistiche, culturali, le barriere frapposte dalle religioni e dall'intolleranza", sarebbe fin troppo facile esercizio definirlo attuale, profetico, necessario e tutte le belle parole che scorrono sempre a fiumi e non cambiano niente.

Angelopoulos non lo vorrebbe, anche lui è sparito all’improvviso lasciandoci orfani come quel bambino che voleva sapere come finiva la favola.

“Vi immaginereste mai se oggi fosse il 31 Dicembre 1999? “ Così chiudeva il suo libro l’uomo politico dissolto nel nulla.

 

La Storia è una favola che cominciarono a raccontarci migliaia di anni fa, e le nuore di Ecuba, la vecchia Penelope, Oreste, Elettra e il superbo Serse continuano ancora a lasciarci senza finale perché tutto comincia dove finisce, i muri crollano e vengono ricostruiti, un millennio finisce e un altro comincia

Quanti confini bisogna attraversare ... per ritrovarsi a casa?

E’ come chiedersi dove vanno a finire gli aquiloni quando fuggono di mano ai bambini.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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