Regia di Luigi Zampa vedi scheda film
Il film in sè non è male, ma neppure un capolavoro: è ammirabile per l'accurato intreccio - senza mai propendere con decisione da una parte o dall'altra, ma fondendo con grazia le componenti - fra neorealismo, melodramma, giallo. Il merito principale di Processo alla città, però, è quello di essere uno dei precursori del 'cinema civile' (di denuncia, insomma) in Italia, alla pari con i lavori che Germi stava licenziando in quegli anni, da In nome della legge a La città si difende (che peraltro ebbero anche il merito di indicare la strada, nel nostro paese, verso la cinematografia d'oltreoceano, alla rincorsa del thriller e del poliziesco alla 'made in Usa'). Zampa aveva già affrontato - e con discreto successo - le tematiche sociali e popolari nell'Onorevole Angelina di qualche anno prima; qui inoltre si dedica ad un lavoro di ricostruzione storica (gli eventi sono infatti ambientati ad inizio '900) parecchio dettagliata e, con metodo giornalistico, delle vicende che costituirono il cosiddetto caso Cuocolo - tramutato in Ruotolo per l'occasione: ovvero quello che è passato alla storia per essere stato il 'primo processo alla camorra'. Impresa ambiziosa, ma che va in porto anche grazie ad un cast d'eccezione: nei ruoli principali troviamo infatti Paolo Stoppa, Amedeo Nazzari (grandissimo), Silvana Pampanini, Franco Interlenghi. Forse, al di là delle mere vicende storiche effettivamente successe, c'è qualche spunto romanzato di troppo, effettivamente funzionale alla parte 'melodrammatica' del racconto; ma la sceneggiatura tiene bene e la cosa non può sorprendere, leggendo i cinque nomi che l'hanno firmata: Zampa stesso, Suso Cecchi D'amico, Ettore Giannini, Turi Vasile, Diego Fabbri. 6,5/10.
Inizio 1900. Nel napoletano l'indagine su un omicidio scoperchia un calderone di diffuso malaffare: la camorra viene messa in ginocchio da un magistrato, ma oltre ai delinquenti veri e propri affiorano le connivenze di personaggi pubblici locali insospettabili...
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