Regia di Stanley Kramer vedi scheda film
Il travisamento di luoghi e funzioni è storia nota alle aule di tribunale quando riprese dall’occhio di una cinepresa.
Nondimeno, personalmente, fatico sempre ad accettarlo.
Nel caso di specie, alla sbarra si è deciso di non portare semplicemente 4 autorevoli (presunti) criminali nazisti, ma lo stesso popolo tedesco (che, a 3 anni dalla fine del conflitto, stava lentamente e faticosamente cercando di voltare pagina).
Cioè si fa una leggera confusione su quale debba essere l’oggetto e la funzione del giudizio penale. E si genera una commistione pericolosa, che potrà pagare sul piano prettamente cinematografico (grazie ad una trattazione più mordace della materia), ma solo su quello (che, per carità, non è poco, si dirà).
Ma, a me, questo sacrificare l’intramontabile rigore dei più elementari principi giuridici sull’altare dell’esigenze divulgative e di massima diffusione del film, presso il grande pubblico, lascia un po’ d’amaro in bocca.
A ciò si aggiungano talune altre disattenzioni.
Relative, manco a dirlo, agli aspetti processuali (per cui, ad esempio, i capi d’imputazione rimangono fumosi sino all’ultimo e capita che gli accusatori si facciano testi - !!! - e, in quest’ultima veste, commentatori di videoriprese molto ad effetto - come non esserlo, d’altronde, visto il loro contenuto -, ma difficilmente pertinenti all’oggetto della causa).
Ma relative, altresì, all’evoluzione della psicologia dell’antagonista interpretato da B.Lancaster (il giudice E. Janning) il cui percorso di presa di coscienza convince poco, giusta le più drastiche premesse (il diniego di riconoscimento dell’autorità della Corte).
Tuttavia sarebbe ingiusto lasciare che un equivoco di fondo sul contesto possa pregiudicare il giudizio complessivo sul film. Il quale, in verità, merita eccome di essere visto e rivisto (oggi, certo, e domani ancora).
Perché mette dei giudici al cospetto di altri giudici, che chiedono loro di render conto del perchè il metro di giudizio utilizzato sia stato così diverso da quello comunemente accettato… "altrove" (ovvero tranne che a casa loro, sotto il fuhrer).
Perché insegna i molti modi in cui il Male si possa insinuare nel tessuto sociale, arrivando ad inquinare finanche la sua classe più retta ed altolocata.
Perché bilancia imperativi morali e realpolitik con un equilibrio (come dimostrano i 2 opposti finali, che danno ragione ad entrambi i piatti della bilancia) terribilmente realistico.
Perché gioca sull’identità del “nemico” - con le fattezze di una incantevole M.Dietrich - del quale si chiede se davvero abbia mai potuto portare la maschera da “mostro”.
Perché coltiva la memoria e fa un po’ di luce sulle pagine più fosche della nostra storia recente.
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