Regia di Carmine Gallone vedi scheda film
Esiliato, il cartaginese Hiram torna di nascosto in patria per ritrovare l'amata Ophir. Viene aiutato da una schiava romana, Fulvia, che è innamorata di lui; il potente Phegor, però, riesce sia a impadronirsi di Fulvia che a imprigionare Hiram.
Alla fine degli anni Cinquanta si scatenò l'ondata del peplum, del film storico-mitologico dalla trama fondamentalmente basata su due elementi: una vendetta/riscatto da portare a termine e una storia d'amore in sottotraccia. Il fenomeno cinematografico si contraddistingueva per i budget bassissimi e, spesso e volentieri, la scarsa plausibilità delle storie; alla sua base di tutto ciò c'è, fra gli altri titoli, anche questo Cartagine in fiamme, blanda imitazione a sua volta dei kolossal americani dagli argomenti e delle ambientazioni analoghi. In questo caso l'esperto Carmine Gallone (classe 1885, attivo dagli anni Dieci) si rivolge a un romanzo di Emilio Salgari, che mette in forma di sceneggiatura insieme a Ennio De Concini e con la collaborazione di Duccio Tessari; i temi e i toni sono precisamente gli stessi che il filone 'povero' metteva in scena, ma naturalmente qui ritroviamo un maggior dispendio in termini economici e di professionalità. Particolarmente azzeccate sembrano le musiche epiche, altisonanti di Mario Nascimbene. Fra gli interpreti svettano parecchi volti noti e di chiara riuscita: Pierre Brasseur, Anne Heywood, Paolo Stoppa, Ilaria Occhini, Daniel Gelin, Arnoldo Foà, il futuro Terence Hill (cioè Mario Girotti, così sui titoli di testa), Josè Suarez, Gianrico Tedeschi, Ivo Garrani; numerose le scene di massa, costumi e scenografie non impressionano granchè, ma neppure risultano espressamente 'poveristici'; il regista si occupa anche della produzione del lavoro. 4/10.
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