Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Ma cos’è questa crisi?, si chiedeva una celebre canzone degli anni Trenta, così come oggi se lo deve chiedere Berlusconi che, legittimamente impedito a causa della necessità di acquistare l’ennesima villa (stavolta in Toscana), proprio non deve averla vista, e allo stesso modo non deve avere idea degli effetti della “congiuntura” questo principe, guardia pontificia, appartenente alla borghesia “nera” romana. In effetti, uno che si fa rubare la macchina - con tecnica partenopea esportata sulla Riviera Ligure - senza battere ciglio, che lascia mance da migliaia di lire come fossero bruscolini (siamo nel 1964!) e per il quale l’impiccio peggiore è una macchia sul vestito nuovo, non deve avere risentito più di tanto di questa benedetta congiuntura. Della quale, infatti, si parla poco o niente, se non nelle parole di un povero venditore di souvenir. Si racconta, invece, la parabola di due stronzetti (il viziato nobiluomo e l’inglesina priva di scrupoli), che alla fine subiscono un repentino, quanto psicologicamente ingiustificato, ribaltamento caratteriale in positivo. Spesso le commedie hanno proposto simili trasformazioni di personaggi mediocri in eroi positivi e Scola, proprio con questo suo secondo film, sta prendendo confidenza con il genere (proponendo addirittura un finale in stile slapstick). In questo senso, ha ragione chi ha parlato di La congiuntura come di un esperimento per Scola, quanto meno dal punto di vista della misura. Anche perché nella commedia il regista di Trevico c’era nato e sia con questo film che con quello del suo esordio aveva realizzato incassi più che considerevoli. La congiuntura offre un altro ruolo mattatoriale per Gassman ed un’opportunità alla bella Joan Collins, che in seguito ha spesso recitato un po’ la statua di sé stessa.
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