Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film
Difficilmente oggi riusciamo a vedere sul grande schermo un film in costume credibile. Uno di quei bei feutillon di passioni e sangue, sesso e violenza. Certo, La regina Margot non è un semplice feutillon, ovviamente. Però al contempo bisogna ammettere che è uno degli ultimi romanzi cinematografici in costume a distaccarsi con estrema eleganza dall’omologazione della miriade di fiction storiche che imperversano selvagge nella nostra tv. Dal romanzo di Alexandre Dumas, il francese Patrice Chèreau cava un fastoso e fosco kolossal che può contare su parecchi elementi a suo favore. Anzitutto una storia sì complessa (non tutto è immediato, molti passaggi meritano più tempo) ma molto appassionante, in cui le contaminazioni tra pubblico (in questo caso storico) e privato (ossia il verosimile) si assestano in un equilibrio abbastanza costante e puntuale. In secondo luogo quella sintesi tra sfarzo scenografico e realismo estetico (due scene per tutte: il massacro dei protestanti e la fossa comune con i cadaveri gettati dal carro dei monatti) che ben s’addice ad un film del genere, che non di rado rischia di sfociare nel fumettone d’appendice e nel polpettone da fotoromanzo storico.
Poi gli elementi narrativi: in una storia laica come La regina Margot non ci sono santi, nessuno si salva davvero, nemmeno l’eroina protagonista. Nessuno ha la fedina etica pulita, tutti hanno una colpa (da espiare o meno): è una famiglia mostruosa che esercita un fascino estremo come ogni dannata famiglia che si rispetti (prototipo degli Ewing di Dallas?). E infine un comparto artistico in ottima forma. I problemi, principali, risiedono in una sceneggiatura non sempre all’altezza che fa perdere per strada qualche personaggio (tipo quello di Miguel Bosè) e non sempre dà il giusto respiro a determinate situazioni. D’altro canto, un plauso generale agli attori con particolari menzioni ad un fragile Jeah-Hughes Anglade, ad un nervoso Daniel Auteuil e, ovviamente, ad una splendida Virna Lisi, torva e quasi calva terribile matrona di una famiglia al di là del bene e del male. Inquietante in non pochi passaggi, la Lisi (premiata a Cannes per questa superba interpretazione) brilla nella sua cupa luce per sobrietà e crudeltà.
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