Regia di Dino Risi vedi scheda film
IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Un comico da avanspettacolo sulla via del ritiro (Ugo Tognazzi), si reca presso un ospizio per anziani di una località lacustre del Nord Italia, in attesa che l'Inps gli porti avanti la pratica di erogazione del fine rapporto accumulato.
In quel vecchio ed un tempo lussuoso albergo, ora invero pressoché abbandonato a se stesso, l'uomo cerca di integrarsi tra quella variopinta fauna di vecchi artisti in ritiro, non senza scontrarsi con l'acido e scorbutico direttore della struttura (lo interpreta il tenore Mario del Monaco), ricevendo le attenzioni di una vecchia fiamma dei tempi del cabaret (Caterina Boratto), ma soprattutto venendo distratto dalla sconvolgente bellezza della giovane cameriera del posto, Renata (una conturbante Ornella Muti, all'apice di una bellezza per certi versi inarrivabile o seconda a poche), che convince a seguirlo a Roma non appena ricevuta l'agognata somma, per cercare di avviarla alla carriera di attrice o soubrette televisiva.
Ma nella capitale i progetti dell'uomo dovranno fare i conti con la dura realtà, e col fatto che la Renata piace a molti, ma nessuno ha intenzione di condividerla con l'anziano ed illuso pigmalione.
Infatti Renata non tarderà ad abbandonare il suo maestro, propensa a seguire un sordido e infido titolare di un canale tv privato (Venantino Venantini), che la coprirà di ben più seducenti promesse di facile carriera.
Al nostro uomo, un tempo conosciuto come Picchio, e peraltro dotato di innegabile padronanza col palco, non resterà che far ritorno con mestizia alla sua triste dimora per anziani sul lago.
Parabola amara e sarcastica sulla miseria dell'invecchiare, su come la gioventù possa aiutare a creare almeno i presupposti per un sogno di immortalità che sfida i termini fisiologici di una vita ormai destinata ad una inesorabile discesa verso l'oblio, circostanza ancor più dura e difficile da accettare se si è stati personaggi legati allo spettacolo e alle folle.
Dirige un Dino Risi piuttosto in forma, arguto e in grado di cogliere il meglio di una satira pungente che vede Ugo Tognazzi impegnato a dare il meglio di sé anche nel far rivivere antichi capisaldi del suo vecchio, ormai un po' logoro, ma in fondo sempre valido parterre di personaggi e macchiette da palcoscenico.
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