Regia di Sergio Leone vedi scheda film
E' uno di quei film che mi costringono ad un giudizio contrastato. Posso rilevare una grande perizia tecnica, un'ambientazione accurata, momenti di grande cinema, ottimi interpreti, accanto a qualche errore: diversi passaggi sono troppo dilatati (certi dialoghi lentissimi...), gli stacchi tra i diversi momenti temporali a volte producono discontinuità, un protagonista poco indagato nella sua psicologia e irriducibilmente ambiguo. E' un'opera monumenatale, un film-fiume girato con imponenti mezzi, certo, ma secondo me l'addizione di grandi addendi non dà una somma proporzionata.
Quanto al contenuto, Sergio Leone profonde nel film una visione della vita molto pessimistica e piuttosto cinica. La violenza regna sovrana, ed esplode improvvisa quando meno la si aspetta, mentre la vita umana non ha nessun valore. A questo proposito, le scene degli omicidi e dei pestaggi fanno stringere lo stomaco. L'amore viene mancato per stupidità, i matrimoni sono infelici o si rimane amaramente da soli, gli interessi politico-economici fagocitano ogni altro valore e le persone insieme. Si può dire che non rimanga neanche l'amicizia, bensì solo un vago rispetto e una gelida lealtà tra amici d'infanzia, o meglio tra ex complici di azioni criminose. Due episodi mi hanno colpito per come Leone affonda il coltello del cinismo nello spettatore: la prostituta ragazzina che si concede a più uomini nell'arco di pochi minuti, e l'impiegata masochista della banca che viene rapinata. Per un attimo sembra che voglia proteggere il direttore, in realtà vuole farsi picchiare per un perverso piacere, anche se poi il bandito ne approfitta anche per violentarla nel bel mezzo della rapina. Questa la visione della vita e del mondo che il regista comunica con il suo film. Del resto anche i suoi western di tanti anni prima non erano molto diversi sotto questo aspetto.
Troppi tempi dilatati, dicevo, e i dialoghi lunghi. Almeno in due casi, però, la lentezza è solida e densa, e quindi non è un difetto. Direi che sono momenti di grande cinema: il dialogo al cimitero del protagonista con l'impresaria di monumenti funebri (Louise Fletcher in un cameo), e il dialogo tra il personaggio di James Woods e il politico truffaldino.
Gli attori, comunque, sono tutti bravi, a cominciare dai due protagonisti. Joe Pesci e Danny Aiello naturalmente fanno gli scagnozzi italoamericani del boss della mala, ruolo per il quale hanno una vocazione speciale.
Lo so che da molti è considerato un capolavoro. Io, però, dopo averne riconosciuto i meriti e gli enormi sforzi profusi (troppi?), non mi sento di dargli più che un "sufficiente".
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