Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Mistico è il primo aggettivo che mi è venuto in mente guardando il film. Anzi, direi l’unico. Può risultare, agli occhi di molti, profano o addirittura blasfemo perché, essenzialmente, racconta il Cristo uomo e non solo spirito. Un Cristo di carne, fatto di desideri e di pensieri, fatto di paure, pieno di domande. Un uomo come chiunque altro. Paul Schrader adatta per Scorsese il libro omonimo si Nikos Kazantzakis, in modo contorto ma alla fine ben chiaro. Sembra si vogliano sviscerare le domande che (forse) tutti i credenti si pongono, tutti i dubbi più in-religiosi che possano esserci, senza però volerci dare risposte, perché la fede non ha domande. Così il Cristo Redentore, si accorge di non avere la forza e il coraggio per essere il figlio di Dio e si inventa una via d’uscita diabolica ma che possa essergli favorevole. Da Redentore diventa peccatore. Mano nella mano con Satana, celato da un volto angelico e insospettabile, prova i piaceri della vita e offusca la sua mente e il suo cuore. Ma Dio c’è anche quando ti credi abbandonato, e va in soccorso a Gesù uomo, mostrandogli le conseguenze della sua scelta umana, così che il peccatore si redime e torna in croce annullando le sofferenze proprie e altrui e il suo egoismo, perché tutto si compia secondo i piani del Padre. Un film che finisce per essere religioso pur non volendo esserlo. Il Maestro, come spesso nei suoi film, comincia in sordina, quasi annoiando, e poi esplode in creatività regalando spesso , come anche in questo caso, un film indimenticabile. Willem Dafoe ha gli occhi del Cristo umano afflitto da dubbi e il sorriso della comunione con lo spirito. L’ambiguità su quel volto non bello (a differenza di altri attori che hanno interpretato Gesù prima o dopo di lui) lo rende attrazione viva su cui convoglia l’intera pellicola. Un film degno di essere chiamato tale che sfiora il capolavoro.
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