Regia di Sergio Leone vedi scheda film
Rivendico un certo orgoglio sin da bambino C'era una Volta il West (1969) con cui ho imparato a conoscere uno stile, infatti quando passò in TV su Rete 4 mi parve una pellicola familiare stilisticamente e in certi topoi con i film della trilogia del dollaro, l'inizio con quella lentezza dell'attesa di un treno che non sembra arrivare mai, l'ossessivo cigolio delle pale di un mulino, i pistoleri tutti sporchi, unti e sudaticci come nei film precedenti e sopratutto quel prendersi tutta la calma del mondo nel ritmo della narrazione; certo mancava Clint Eastwood con cui identificavo i film di Sergio Leone, però intuì che la pellicola aveva qualcosa del regista romano, dacchè dopo gli interminabili 10 minuti e passa iniziali di silenzio, i titoli di testa tolsero ogni dubbio al sottoscritto, che con somma felicità per la prima volta aveva riconosciuto una pellicola solo e grazie esclusivamente allo stile del regista.
Terminato il Buono, il Brutto e Il Cattivo (1966), Sergio Leone aveva dato una rinfrescata artistica netta al western e riportato il genere nelle grazie del pubblico, dopo svariati anni di stanca per il genere, il regista avrebbe voluto girare altro, ma ai produttori fregava zero dei suoi desideri perchè gli continuavano a proporre solo e soltanto western, così Leone decide di concepire una nuova pellicola di tale genere, dall'animo italiano ma dallo spirito abbastanza differente rispetto alla trilogia del dollaro, abbeverandosi alla fonte del cinema classico americano, richiamando nella sua opera l'essenza di John Ford nelle location esterne, l'inferiorità numerica tipica di Mezzogiorno di Fuoco di Zinnemann (1952), un incontro per regolare i conti atteso da moltissimo tempo pescato a piene mani dal Cavaliere della Valle Solitaria di Stevens (1953) e un forte ritratto femminile abbastanza atipico per il genere rifacendosi al Johnny Guitar di Nicholas Ray (1954).
Un nuovo western, ma con un taglio nuovo e netto verso il passato, sentito dal regista come opprimente e oramai limitante nonostante per tutta la vita ha desiderato fare western, ma il genere gli comincia a stare molto stretto e capisce che potrebbe limitarlo per la sua successiva carriera, perchè come emerge dal film e in generale dalla filmografia del regista, un uomo ancorato troppo ai ricordi del passato non è destinato ad avee un futuro, così c'è una sola possibilità, concepire il western dei western e con C'era una volta il West, Sergio Leone sin dal titolo mette bene in chiaro le sue ambizioni e la sua volontà di mettere fine al mito, il risultato finale è una pellicola strabordante nella durata, esasperata nelle dilatazioni, fortemente classica nello stile ed intrisa di un malinconico lirismo, però la pietra tombale per fortuna di noi spettatori non ci sarà, visto che successivamente altri registi come Peckinpah, Altman, Cimino, Eastwood e Tarantino con vari gradi di qualità faranno toccare nuove vette al genere, senza però mai essere dei veri e propri capiscuola per il genere (tranne il primo), assestandosi sui canoni crepiscolari stabiliti da Sergio Leone con questo monumento della frontiera, e quindi in un certo senso C'era una volta il West segna la fine per il genere dal punto di vista della ricerca artistica, lo stesso suo creatore con il western non riuscirà più ad andare in ordine sempre crescente qualitativamente dal punto di vista artistico con il successivo Giù la Testa (1971), però glielo si può perdonare, perchè "chi ha diretto quattro western, ci mette poco a farne cinque" (quasi-cit. di Cheyenne).
Sergio Leone comprende che dopo aver rivoluzionato il genere, deve dare una rinfrescata al suo cinema per non ripetersi in modo manierista con il suo quarto western, per il soggetto si affida così all'aiuto di due giovani speranze italiane; Bertolucci ed Argento, tali figure portano novità all'interno del cinema del maestro romano, cominciando dalla figura femminile come protagonista, nonostante le perplessità di Leone che western e donne non andassero d'accordo, una certa critica al capitalismo (questa è più roba da Bertolucci) e un elemento visivo che permette a Frank (Henry Fonda) di ricordarsi chi sia Armonica (Charles Bronson), di derivazione chiaramente Argentiana. Il dinamico duo ad un certo punto viene cacciato via (o abbandona non si è mai capito) il tavolo della sceneggiatura, così Leone chiama Sergio Donati a cui aveva promesso di far sceneggiare il suo prossimo film, dopo vari suoi contribbuti di scrittura nei precedenti lavori del maestro, così si giunge alla stesura definitiva della sceneggiatura con cui Leone ottiene il via libera e carta bianca totale ed un budget di ben 5 milioni (5 volte più della sua precedente opera), ora il maestro non si deve più sbattere per trovare attori sconosciuti o vecchie glorie disposti a recitare per un cachet basso, adesso il regista ha una fama internazionale ed i botteghini dalla sua, ora Sergio Leone grazie alla co-produzione italo-americana e al successo di pubblico, può decidere come meglio crede su tutto e finalmente riesce ad ingaggiare Henry Fonda, il suo attore preferito che avrebbe voluto sin dai tempi di Per un Pugno di Dollari (1964) come protagonista ed ovviamente neanche considerò la proposta, però passati 4-5 anni ed un mucchio di dollari in più, Fonda salta a bordo anche grazie al consiglio di Eli Wallach sulle doti del regista romano.
Per il ruolo di Armonica, si contattò l'usato sicuro; Clint Eastwood, che però temendo di restare incastrato a vita con tale genere e memore delle critiche negative sulla sua espressività basata sul sigaro e senza sigaro, decise di declinare commettendo un errore fatale che glielo si perdona solo per essere diventato successivamente il miglior regista americano degli ultimi 40 anni ed uno dei più grandi attori della storia del cinema, così Leone si affida a Charles Bronson felice di saltare a bordo, mentre per il complicato ruolo femminile il regista declina Sophia Loren ritenendola inadatta al ruolo ed infine sceglie Claudia Cardinale che comunque una buona fama internazionale ce l'aveva (oltre ad essere una figa galattica... ehm una bella figliol... ehm vabbè una bella donna, la più bella di tutte le attrici del cinema italiano, tanto che la seconda che è Alida Valli è al quarto posto) e così abbiamo messo insieme la banda.
C'era una volta il West ha molti elementi di difformità dai precedenti film della trilogia del dollaro, ma comunque non può non tener conto delle innovazioni precedenti tanto che risulta comunque innegabile un'anima da spaghetti western, riscontrabile nel look e nell'estetica dei pistoleri, nelle musiche sperimentali di Morricone (le sue migliori in un western) qui mutuate dal canto dolente senza parole di Edda dell'Orso e nelle psicologie dei personaggi approfondite e indagate a fondo nonostante una più marcata distinzione dei ruoli tra buoni e cattivi in omaggio al cinema western classico, di cui il film vuole essere un omaggio e cantore finale, con tanto di titolo che compare nel finale solamente, e più volte omaggiato (in ultimo da Tarantino) per segnare in tal modo la fine dell'epoca della frontiera tramite l'arrivo del treno. L'epica della frontiera nel cinema ha trovato la sua mitizzazione più elevata, in queli occhi che traspaiono morte pura di Henry Fonda, in quell'armonica dallo stesso leitmotiv suonata ossessivamente da Bronson, nella malinconia che traspare da Jason Robards e dall'indipendenza e dignità di chi di batoste ne ha subite tante, ma grazie a qualche orpello in meno (grazie Bronson) la stupenda Claudia Cardinale (che nella vita ha fatto anche lei delle scelte coraggiose) riesce ad acquisire l'indipendenza e la dignità nell'affrontare a testa alta l'ennesima fegatura datale dalla vita, che finisce con l'assumere la raffigurazione di una frontiera infinita dove una persona qualunque, se ha delle capacità adeguate e si mette sotto con duro lavoro e sacrificio, potrebbe riuscire a realizzare i propri sogni facendo un mucchio di soldi, come spera di farli lo stanco ma onesto Frank Wolff nei panni di Brett McBein, un irlandese che per anni ha tirato la cinghia scommettendo su un terreno che non sembra poter fruttare molto all'apparenza e per lungo tempo ha pazientato insieme ai propri figli, lavorando in attesa della grande occasione, incantando, in una delle sue visite nella città, la bellissima prostituta Jill (Claudia Cardinale) con tante belle parole su un futuro migliore, la donna coglie così l'opportunità di cambiare vita e di realizzare il suo sogno di sistemarsi in "campagna" con una vita rispettabile, al suo arrivo a Sweetwater lo scenario che le si para davanti è desolante, Brett e i suoi tre figli uccisi, è l'ennesimo sogno di Jill andato in frantumi; perchè tutto questo? Soldi Jill non ne trova ed il principale colpevole sembra poter essere Cheyenne con la sua banda a causa di un pezzo di stoffa appartenente solitamente agli abiti che loro indossano, ma in realtà dietro tutto questa mattanza si cela Frank, tanto che lo stesso Cheyenne insieme ad Armonica si ritroveranno a proteggere la donna e scovare il vero colpevole, in special modo Armonica che sembra avere una questione in sospeso con Frank risalente molto indietro nel tempo.
Leone gioca al medesimo gioco degli americani superandoli di gran lunga; alla fattoria di Sweetwater in piena frontiera si contrappone la modernità ferrovia con i binari che mano a mano dall'Atlantico avanzano verso il Pacifico, giungere alla fine del lontano "West" è il sogno di Morton (Gabriele Ferzetti), un ultra-capitalista la cui vita sta giungendo al termine per via di una tubercolosi ossea e che per realizzare il desiderio di una vita, da anni si serve di Frank per spazzare via se qualcuno non vuole che i binari passino alla propria proprietà. E' l'emblema di un capitalismo che costruisce e distrugge, proseguendo nella sua opera spietata anche mentre tale sistema si sta auto-corrodendo dall'interno (la tubercolosi) ed impossibile da riportare nelle regole, visto che il lato bestiale di esso sta prendendo sempre più controllo, poichè Morton se ha degli scrupoli sui metodi di Frank, quest'ultimo oramai sempre più consapevole della fine del suo capo, vuole prenderne il posto. Frank ha il volto scavato dalla vecchiaia e nei lineamenti di Henry Fonda, i cui occhi azzurri non emanano alcun calore ma solo freddezza e morte, una prova ardua per l'attore americano identificato sin dagli esordi con ruoli positivi e che invece tratteggia un killer spietato dal grande spessore psicologico, nella sua infimità morale, resta però un uomo senza mai divenire un uomo d'affari come lui vorrebbe, nonostante tenti di acquisirne i modi ed abbia messo su una banda a cui delegare vari omicidi tantando di emulare il suo capo Morton.
Ugualmente uomo è Armonica, che vive nelle immagini rarefatte e diluite all'inverosimile della monumentale, meditabonda e contemplativa regia di Sergio Leone con quel suo soffermarsi sui dettagli all'inverosimile per costruire una pienezza contenutistica in ogni singola inquadratura che riempie la semplicità di una storia che grida epicità da tutti i pori, intervallate da alcuni flashback fuori fuoco che celano un passato avvolto nella nebbia dei ricordi a cui l'uomo sembra ostinatamente aggrapparsi, una ragione per cui vivere che però gli precludono ogni futuro, perchè esistere in funzione del passato per Sergio Leone significa non poter vivere il presente, cosa che invece possiede Jill che nonostante le molte sventure della sua vita, ha il dono dell'adattabilità e quindi la capacità di vivere i mutamenti sociali assecondandoli, cosa a cui Cheyenne e Armonica è auto-preclusa da loro stessi, mentre a Frank dalla sua impossibilità di comprendere le sovra-strutture del mondo degli affari, malgrado sia molto pià forte di Morton.
Certo, la crepuscolarità e la sensazione di fine di un'epoca sarebbe stata ancora più grande e meta-cinematografica se dopo i 10 minuti iniziali, nel primo duello tra Armonica ed i tre uomini di Frank alla stazione, questi ultimi fossero stati interpretati da Eli Wallach, Lee Van Cleef e Clint Eastwood come voleva ad un certo punto Sergio Leone, sarebbe stato il simbolo della morte del figlio "illeggittimo" dello spaghetti western, per mano del "padre" western classico americano; per le note leggi del mercato e dell'aspettativa, non puoi ammazzare una super star come era Clint Eastwood nel 1969 dopo neanche 10 minuti (e sarebbe stato un colpo tremendo per lo spettatore se il regista romano fosse riuscito a realizzare la sua idea, non è un caso che tutto l'inizio del film venne girato per ultimo, poichè Leone fece inutilmente ogni tentativo per convincere almeno Eastwood a prendervi parte), ma tolto questo le idee del maestro in relazione alla fine dell'epica della frontiera per via dell'arrivo della ferrovia inquadrata tramite uno dei numerosissimi ed efficaci dolly che ora Leone poteva tranquillamente permettersi dato il budget. Terzo posto dei miglior iincassi in Italia all'epoca, ma nei fatti guadagnò oltre 1/6 in meno rispetto al Buono, il Brutto e Il Cattivo (1966), una mezza delusione al box office negli USA e venne attaccata da certa critica miope annoiata dalle poche sparatorie, dal ritmo lentissimo (la scena iniziale la si può vedere una coma prova iniziatica per lo spettatore, se la si supera è fatta) e della lunghezza fluviale della pellicola, che gli procurarono accuse di manierismo ed auto-indulgenza, risultando totalmente incapaci di cogliere la poetica del tempo tipica di Sergio Leone e la monumentalità di un western che aveva l'ambizione (scambiata per presunzione) di celebrare (e mettere fine) alla quintessenza del genere inventato dali americani, ma portato al massimo livello da un regista proveniente dall'Italia.
Tante pippe sul film ed ora passiamo alle cose veramente importanti... W Claudia Cardinale.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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