Regia di Sergio Leone vedi scheda film
Meno si parla, più lo si apprezza. Se il grande Leone ha tradotto in immagini tutto l'universo dell'uomo moderno (sogni, illusioni, frontiera esistenziale, amicizia, amore, ecc...) è perchè con le parole non sarebbe stato altrettanto efficace. E' inutile quindi trovare riflessioni per un film che inzia con dieci minuti di tranquilla attesa alla stazione (qualcosa di inimmaginabile sia oggi come allora per il "commerciabile") e che procede lento, quasi stanco, ma pur sempre pieno di epica e Mito, fino al duello finale (fantastico!), e alla tragica, ma dignitosa morte di Cheyenne.
Se Leone ha sbagliato in qualcosa è stato credere che il sogno della frontiera fosse finito, per lasciare spazio al becero sviluppo del commerciale, inteso cinematograficamente. Si sbagliava, perchè ancora oggi i suoi film, e quelli dei suoi collegi dell'epoca (dallo Spaghetti-Western, al poliziesco all'italiana, all'horror e al thriller nostrani) sanno ancora oggi esserci d'aiuto nei momenti di apatia, e soprattutto sono ancora loro e solo loro la scuola per molti registi e attori (vedi Tarantino, Raimi, Rodriguez). No, il sogno di un uomo e della sua personalissima frontiera, non finiranno con un treno e una stazione.
Questo western contemplativo, direi quasi spirituale, ci regala il Mito immortale della frontiera, ma non di quella americana (seppur omaggiata nel film con due scene ambientate proprio nella monument valley), bensì della sua risemantizzazione: quella nostra, dell'Almeria, del prato incolto dietro casa, dei prati dell'oratorio, dove tutti abbiamo almeno una volta sognato di essere Clint Eastwood o Tomàs Milian. Ed io personalmente, ho sognato di essere Klaus Kinski, o Volontè, o Henry Fonda. Per la serie: cattivo è bello...perchè più vero, più umano, più moderno.
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