Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
‘Dico, i dinosauri e l’uomo, due specie separate da 65 milioni di anni di evoluzione, vengono a trovarsi gettati nella mischia insieme; come potremo mai avere la benché minima idea di che cosa possiamo aspettarci?’.
Alan Grant, paleontologo.
La storia (vera) del ‘Jurassic Park’ comincia così: ad inizio degli anni 90’ Michael Crichton (romanziere di successo) si incontra con Steven Spielberg (regista sull’orlo della definitiva consacrazione ad Hollywood) per discutere del loro progetto comune che hanno in cantiere: la serie televisiva E.R.; Crichton parla a Spielberg anche del suo romanzo in corso di realizzazione su un parco in cui è possibile ammirare veri dinosauri ricreati attraverso la clonazione. Il regista ne è tanto entusiasta da supplicarlo di cedergli i diritti per farne un film.
Crichton, tra i padri fondatori del romanzo di genere tecno- thriller, ovvero storie avventurose ad alta tensione supportate da un plausibile e da un, se non accurato comunque suggestivo, contenuto scientifico, già molto conosciuto all’epoca per i suoi primi romanzi, alcuni dei quali erano stati tradotti in pellicole cinematografiche (si pensi ad ‘Andromeda’ di Robert Wise o a ‘Il Terminale Uomo’), sta per intraprendere un periodo di straordinaria ispirazione e creatività (nella prima metà degli anni 90’ pubblicherà infatti oltre a ‘Jurassic Park, anche ‘Rivelazioni’ e ‘Sol Levante’ due riusciti e avvincenti gialli che sfiorano tematiche sociali oltreché scientifiche: il primo le molestie sessuali sul lavoro, e le prime applicazioni di realtà virtuale, il secondo il conflitto economico e lo scontro di culture tra Stati Uniti e Giappone nell’arena del capitalismo).
Da entrambi i romanzi sono stati tratti dei film ma, nella loro trasposizione cinematografica si è perso molto, forse troppo. E’ il caso, purtroppo, anche di Jurassic Park.
Il romanzo di Crichton, che può godere della massima libertà creativa del suo autore non vincolato da limiti di budget né di censura, racconta la storia, ambientata un parco divertimenti di prossima apertura, dove sono stati ricreate alcune specie di dinosauri grazie ad avanzatissimi procedimenti di ingegneria genetica, di un gruppo di scienziati chiamati alla supervisione del lavoro svolto dagli ingegneri, genetisti e tecnici informatici. La verifica si è resa necessaria a causa di alcuni decessi tra il personale del parco e non solo, che hanno preoccupato gli investitori. Nel week end dedicato all’ispezione, i sistemi di controllo del parco andranno in tilt, i dinosauri si libereranno da gabbie e recinti e l’unica preoccupazione di ospiti e personale sarà quella di salvare la pelle.
Il tono del romanzo è orrorifico, la tensione è sempre elevatissima, la critica dell’autore nei confronti dell’eccessiva disinvoltura con la quale il progresso scientifico viene piegato ai capricci dell’uomo e alle logiche del profitto è spesso rimarcata. Lo sviluppo dei personaggi e del loro confronto illustra in modo efficacissimo la diatriba tra fazioni contrapposte sul tema: da un lato l’arrivismo, il desiderio di successo, la libido del potere e dell’accumulazione, la presunzione della supremazia dell’uomo sulla natura e le sue creazioni (John Hammond l’ideatore del parco e i suoi tecnici: Henry Wu il genetista, John Arnold, l’ingegnere addetto al sistema di controllo del parco, Dennis Nedry il programmatore del software tutte figure negative e inquietanti), dall’altro l’idealismo e la disciplina, la lucida analisi scientifica (Ian Malcom il matematico specializzato nei modelli previsionali basati sulla teoria del caos, Alan Grant il paleontologo, Ellie Sattler la paleobotanica).
La scansione della vicenda piuttosto che essere suddivisa in capitoli viene ordinata come successivi sviluppi del modello matematico elaborato da Malcom, come se ciò che accade nel parco sia la dimostrazione del suo teorema. Sempre a costui vengono fatte pronunciare le migliori frasi del libro che tradiscono il punto di vista dell’autore: ovvero la condanna senza appello dell’uso sconsiderato della scienza e l’utilizzo della medesima come strumento di profitto piuttosto che di conoscenza e consapevolezza. E infatti godibilissimi sono gli scambi di battute tra Malcom e Grant da una parte e Wu e Arnold dall’altra sulla pretesa sicurezza del sistema di controllo sull’isola.
Alla fine della lettura l’angoscia resta perché per quanto oggi si riesca a salvarsi da morte sicura il domani rimane incertissimo per via della pazza e sconsiderata condotta di chi amministra il potere, le risorse e la conoscenza.
Diversa la questione per il film: Spielberg deve affrontare diversi problemi: diversamente dal romanzo, il film dovrà piacere e molto. il budget necessario per gli effetti speciali e la produzione richiedono un rientro garantito in termini economici, in più le potenzialità del progetto sono allettanti e la Universal vuole una ‘macchina da soldi’, La portata dell’operazione in termini economici è quindi mastodontica quasi quanto lo è, nella finzione, il parco omonimo, e pertanto bisognerà portare al cinema un pubblico vastissimo; ne consegue che il bersaglio autentico della campagna mediatica saranno i più giovani. Quindi vengono sacrificati i contenuti più angosciosi e il messaggio contenuto nell’opera arriva più sfumato e diluito. A patirne in particolare sono i personaggi: per quanto le scelte di casting siano brillanti e l’apporto di attori quali Sam Neill (Alan Grant), Jeff Goldblum (Ian Malcom), Laura Dern (Ellie Sattler), John Hammond (Richard Attenborough), sia notevole, è il loro ridimensionamento in fase di sceneggiatura a danneggiarli. Nella parte introduttiva, con l’intento di creare un atmosfera di puro intrattenimento le loro battute li caratterizzano quasi più come macchiette che come autorevoli scienziati. Hammond poi a differenza del romanzo, dove è un imprenditore arrogante arido e anafettivo, nel film è più un impresario, filantropo, entusiasta ed ingenuo. ‘Qui non si bada a spese’ è il suo mantra riguardo al parco. Un aneddoto sulla lavorazione riguarda il personaggio di Malcom: pare che parecchie sue battute siano state tagliate in sala di montaggio, tanto da provocare un certo risentimento da parte di Goldblum. Pure, per bypassare il problema di spiegare in modo comprensibile a tutti i contenuti scientifici dell’opera, Spielberg ha l’idea del cartoon esplicativo che, nella finzione è dedicato ai futuri turisti del parco, ma in realtà è strumento fruibile da parte di tutti i tipi di pubblico, per rispettare il profilo di spettacolo dedicato e accessibile alle masse.
E ancora, Spielberg mentre sta girando, pensa già al progetto successivo cui tiene più di ogni altro, e che si rivelerà cruciale punto di svolta della sua carriera e della sua evoluzione artistica -Schindler’s List è già in preproduzione e soltanto l’intervento della major ha impedito che lo girasse prima di Jurassic Park- tant’è vero che la postproduzione di JP sarà supervisionata, al posto suo, dall’amico George Lucas, mentre Spielberg è già in Europa a filmare il suo capolavoro sull’odissea degli Ebrei nei campi di sterminio.
Il film, alla fine, risente di tutto questo, però le maestranze (Dean Cundey alla fotografia, Stan Winston alle animazioni per citarne un paio) e i talenti già ricordati messi in campo hanno il loro peso specifico ed il risultato tutto sommato non delude del tutto le aspettative: Spielberg ha un talento eccezionale nel filmare storie come questa: stile elegante avvolgente e sinuoso, senza mai perdere il ritmo e la padronanza dello svolgimento. Alta scuola di cinema insomma, e infatti il film prende quota nella sua parte action-thriller. John Williams suo valente collaboratore, gli e ci regala un’altra colonna sonora che rimarrà impressa e farà da eccellente contrappunto alle avvincenti e sofisticate sequenze d’avventura; il lavoro dei tecnici gli effetti speciali diverrà un punto di riferimento in termini di qualità (in futuro non sempre e neanche spesso verranno raggiunti i medesimi risultati). D'altro canto è lodevole l’intento di Spielberg di rappresentare i dinosauri come animali meritevoli di rispetto, ammirazione e tutela, piuttosto ché come mostri da sterminare, così divulgando un messaggio ecologista; e pure i due ragazzini Tim e la sorella Lex ( Joseph Mazzello e Ariana Richards) sono personaggi gestiti in modo sapiente. La pellicola diventa un travolgente successo, campione d’incassi e un fenomeno di costume; la dinomania deflagra e dilaga ovunque e persino il mondo della grafica non sarà più lo stesso (si pensi a quante volte abbiamo rivisto gli stessi caratteri usati per il titolo del film). Inevitabili i sequel a costituire un franchise di qualità decrescente.
Happy end dunque? Come nel libro, e nel film, anche nella realtà soltanto parziale: rimane l’impressione che molte delle potenzialità del progetto siano state trascurate in nome del guadagno. Ed in tale senso il cortocircuito tra realtà e fantasia è diventato totale, quasi un feedback per cui diventa difficile distinguere dove si fermi l’una e cominci l’altra. E, si ricordi che in quegli anni, l’idea di avere un piccolo dinosauro in giardino piuttosto che un cane veniva spacciata come non così pellegrina.
‘Il recupero del sistema potrebbe dimostrarsi impossibile’ Ian Malcom, matematico.
Voto 7.
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