Regia di Ivan Passer vedi scheda film
Ivan Passer racconta con mano leggera, senza penetrare molto a fondo e senza scendere nel patetico, con buona volontà, venata da un’amara ironia e con un occhio di riguardo per i suoi personaggi la storia di J.J. , ex parrucchiere. Senza arte né parte, senza più famiglia, continuamente entro e fuori il carcere, ladruncolo per necessità, alla ricerca spasmodica della quotidiana dose di eroina, con un braccio tatuato su cui si legge “Born to Win” (da cui il titolo originale del film), quasi un post-it per farsi coraggio, sfruttato ed imbrogliato costantemente da grossi spacciatori e dalla polizia. Ha un solo amico, Billy Dinamite, balordo e tossico come lui, con il quale mette a segno furtarelli non sempre riusciti. Pur valutandosi un uomo “che ci sa fare” si rende conto della sua miseranda e disperata esistenza. Soffre delle crisi di astinenza, ma non si arrende. In alcuni momenti appare anche divertente, come quando riesce a rubare una cassaforte, con esito disastroso, o quando tenta di rubare un’auto con la proprietaria presente, non ostile, che diventerà la sua compagna, o quando, sequestrato nudo in un appartamento, con addosso una ridicola vestaglia da donna, rosa, con il collo di piume di struzzo sintetiche, cerca disperatamente di attirare l’attenzione di una ragazza su un terrazzo del palazzo di fronte, che , fraintendendo la sua agitazione, mostra ostentatamente il suo seno. Ma superati questi momenti ed una certa precaria felicità con la sua giovane donna, la drammaticità del film incombe costantemente. La necessità affannosa di trovare una “dose”, la ricerca dell’amico nel sottosuolo della città, in ambienti bui e claustrofobici, malsani e pieni di disperati come lui in fase di smaltimento degli effetti dell’eroina, senza l’aiuto di nessuno, senza speranza, la morte di Billy per una iniezione di eroina volutamente tagliata male, lo portano alla disperazione ed il film termina con J.J. seduto su un panchina, con il volto stravolto dai crampi dell’astinenza che tenta di trovare una via d’uscita da una vita insostenibile. Non è un capolavoro, ma neanche un film da gettare, se non altro per la ottima prestazione di George Segal, perfettamente calato nella parte, di una coreografia discreta, di una colonna sonora di William S. Fischen, che all’inizio utilizza la canzone “Ooh Poo Pah Doo” cantata da Tina Turner e che incornicia coerentemente il film. Voto 7
Sufficintemente corretta e di sostegna al film
Senza eccessi e senza indulgere in stereotipi
Veramente ottima prestazione per questo bravo e simpatico artista
forse un po' troppo monocorde
Decisamente una buona interpretazione
Piccola parte in cui sono comunque evidenti quelle caratteristiche che lo faranno diventare grande
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