Regia di Henry Joost, Ariel Schulman vedi scheda film
Ha un pregio Nerve, è spaventosamente uguale al pubblico di riferimento.
Furbo, furbissimo Nerve. Il gioco che cattura e uccide agganciando le vittime con i soldi per condurle a morte (quasi) certa con il ricatto del ludibrio social iperconnesso, in caso di fallimento.
Film figlio di una contemporaneità che frulla il disagio economico dei giovani e la necessità tutta millenials di guadagnare facendo nulla - o qualcosa di stupido - di fronte ad uno schermo, il soggiogar le menti di giovani internauti con un cyber bullismo organizzato in social e l’endemica propensione all’autolesionismo adolescenziale amplificato logaritmicamente dalla scalata virtuale a una popolarità fatta di voyeur codardi e passivi.
Nerve è il gioco che promette soldi terminando una serie di prove sempre più demenziali e pericolose fino alla prova finale di fronte agli spettatori che di quelle prove, sadiche e cariche d’invidia, sono stati promulgatori. Non può non venire in mente la grande bufala del momento, quella Blue Whale, la balena blu, spauracchio delle mamme digiune di internet che abboccano a tutte le fake news del momento come fossero scie chimiche anche solo per delegare ad altri il proprio fallimento educativo.
Ma non può non venire in mente (a pochi in realtà) 13 Beloved un film thailandese del 2006 mai distribuito in Italia, girato da Chookiat Sakveerakul, la cui trama recita: Phuchit, un impiegato molto indebitato che ha perso il lavoro, riceve un’inaspettata chiamata telefonica che gli propone un gioco basato su 13 prove di difficoltà crescenti, prospettandogli all’ultima prova una somma di denaro in grado di sistemarlo per sempre.
Ora, prendere questa trama, sostituire il giovane Phuchit con l’altrettanto giovane, carina, disoccupata Vee, rendere il tutto più social, più cool, più connesso (tra i due film corrono 11 anni, una distanza siderale in internet), un po’ di talent, una lacrima di Grande Fratello, girare nervosamente e il gioco è fatto.
Con Nerve, la liceale senza soldi, timida e carina, trova popolarità, denaro e la speranza di un futuro fuori dal luogo dove è sempre stata, ovunque esso sia. L’aiuta Ian misterioso personaggio interpretato da Dave Franco fratello minore di James, dal ghigno ribaldo e la posa da spot di eau de toilette.
L’inizio invero promette qualcosa di più di un bignami delle tensioni psicotiche adolescenziali, nonostante l’estetica da videoclip - la fotografia, quando i personaggi stanno giocando cambia in una tavolozza di neon e contrasti cromatici cool. Quelli della pubblicità della nuova auto che promette un upgrade della tua personalità - e un paio di personaggi fuori fuoco quello che risalta di più è l’invasiva velocità con la quale il sistema-gioco s’incunea nella vita del giocatore, finendo per controllarla, aspetto cardine della meccanica dei social network. Aspetto che viene lasciato sottotraccia per proseguire nell’aritmetico accumulo di fatti-conseguenze che ad un certo punto deve per forza di cose produrre somme. Ma non essendo approfondito nessun tema psicologico, etico o almeno sociale, il film si affossa in un baratro di banalità. Come se non fosse importante il substrato sociale che permette di rischiare la vita connesso al mondo, ma semplicemente sloggiare dal gioco e far finta che non sia successo. Irricevibile il finale thriller con colpo di scena assurdo, hacker adolescenti e bontà lenitive - Juliette Lewis ex ribelle dello schermo che fa la mamma perennemente in ansia è da denuncia - che tentano di rassicurare una platea di omologhi cyber idioti costantemente connessi ad un telefonino e che al cinema si scattavano selfie col flash, schiamazzando mollemente sbragati sulle poltroncine con i piedi appoggiati allo schienale della poltroncina di fronte, dove gli altri appoggiano la testa.
Ha un pregio Nerve, è spaventosamente uguale al pubblico di riferimento.
13 Beloved, il film thailandese, era molto più radicale e desiderabile: si moriva in un trionfo di sangue. Tanto per dire.
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