Regia di Ben Young vedi scheda film
Realismo e assolata ambientazione del Natale australe assicurano una credibile ricostruzione di un contesto suburbano di degrado e squallore dove attecchisce facilmente una particolare variante della banalità del male, ma non bastano a risollevare il film dalla convenzionalità di snodi narrativi del classico rape movie in chiave ricattatoria.
Rapita da una coppia di sadici pervertiti con all'attivo diversi omicidi seriali, la giovane e brillante Viki è costretta a subire sevizie e violenze d'ogni sorta. Le insicurezze della donna ed i dissidi tra i due, saranno i punti deboli su cui la ragazza dovrà far leva per alimentare le residue speranze di una improbabile sopravvivenza.
Liberamente ispirato ai famigerati Moorhouse Murders e ad altre storie di rapimenti a scopo sessuale nell'Australia degli anni '80, il giovane Ben Young esordisce nel lungo con un thriller morbosetto e privo di mordente che fa leva sul comune retroterra di abbandono familiare di vittime e carnefici e sulle prevedibili dinamiche psicologiche di una coppia male assortita alle prese con una sessualità malata. Se il taglio realista e l'assolata ambientazione del Natale agli antipodi assicura una credibile ricostruzione di un contesto suburbano di degrado e squallore dove attecchisce facilmente una particolare variante della banalità del male, le scelte di una regia che suggerisce la tensione con il parsimonioso ricorso alla soggettiva, l'insistito uso del ralenty e gli stucchevoli cambi di registro in chiave pop-rock-punk (The Moody Blues, Cat Stevens e Joy Division) non bastano a risollevare il film dalla convenzionalità di snodi narrativi del classico rape movie in chiave ricattatoria (Room) ed a consentirgli un interessante sviluppo di relazioni psicologiche borderline variamente fondate su narcisismo patologico, carenze affettive e subordinazione sessuale. Insomma gli ingredienti ci sono tutti, ma il piatto è eccessivamente frugale e insipido per avvincere lo spettatore alla ricerca di una storia dal sapore forte cui vengono deliberatamente negate tutte le scene cruente (tenute rigorosamente fuori campo) ed al quale venga proposta la sciatta variante di una storia di abusi familiari che faccia a meno della detection (la polizia sembra, anche nella realtà, brancolasse nel buio) e si accontenti della inverosimile strategia di disimpegno di una adolescente intrappolata nella claustrofobica tela di ragno di aguzzini improvvisati ed alle prese con una solidarietà di genere che contempli figlie abbandonate, madri frustrate e mogli maltrattate. Alla fine darsela a gambe levate sembra un gioco da ragazzi, soprattutto col sottofondo musicale della criptica 'Atmosphere' dei Joy Division che pare scritta apposta per una storia come questa. Agli australiani, si sa, piace farlo strano ma girare un film in soli 20 giorni non sempre è un titolo di merito.
Premio FEDEORA ad Ashleigh Cummings come migliore attrice esordiente al Festival di Venezia 2016.
Walk in silence
Don't walk away, in silence
See the danger
Always danger
...
Walk in silence
Don't turn away, in silence
Your confusion
My illusion
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta