Regia di Ben Young vedi scheda film
Venezia 73 - Giornate degli autori
Di seviziatori, e/o killer seriali, se ne sono visti parecchi negli ultimi anni – ad esempio in Room e Chained – e in questo thriller, degli orrori dell’anima, proveniente dall’Australia, che nel segmento ha regalato più di una sorpresa, una coppia, tutt’altro che rassicurante anche di facciata, rappresenta la componente deviata.
L’inizio descrive e anticipa le consuetudini degli aguzzini mettendo pochi e chiari paletti, lo stesso dicasi per la vittima designata; le descrizioni evidenziano con discreta cura le relative situazioni emotive, con un rapporto malato, che si articola però a doppia velocità, e una giovane ragazza che vive un periodo turbolento (una separazione cambia inevitabilmente tanto).
La tensione è ben dosata, l’ambient, soprattutto a livello percettivo, è creato sviluppando la posizione scomoda della vittima che, dopo essere stata rapita, rende teso il rapporto tra i due, un po’ per sua precisa volontà (non si esagera, non diventa un’eroina), un po’ in quanto oggetto del desiderio dell’uomo e quindi dell’invidia della sua compagna.
In un percorso netto, che limita al minimo le situazioni a rischio congruità (semplificazioni accettabili), almeno un paio di sequenze sono al cardiopalma; una centrale con un varco che fa sognare alla malcapitata la libertà, durante la quale è inevitabile sentire aumentare i battiti cardiaci, e poi il finale che, accompagnato da un sottofondo di suoni incisivi, porta alla scelta cardine.
Un approdo di un percorso che ondeggia tra il crudele, il sadico e il distorto che cresce a livello psicologico – una madre, in quanto tale sente sempre un richiamo primordiale che fatica a ignorare – ma che opta per una scelta più consuetudinaria di quanto mostrato in precedenza (andando comunque oltre in una manciata di occasioni), non un minusvalore di suo, ma neanche quello scatto finale necessario per innalzare il valore globale dell’opera.
Per chiudere, Hounds of love non rinnova quello che a tutti gli effetti rischia di diventare, sempre se non lo è già, un sottogenere, ma riesce comunque a posizionarsi bene al suo interno, incutendo una costante ansia e diversi timori, gestendo con gradualità il dosaggio della tensione e di un malessere che ha bisogno di poco per arrivare sottopelle.
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