Regia di Raúl Arévalo vedi scheda film
Un bellissimo thriller, molto teso, avvincente e coinvolgente, raccontato con grande e lucida durezza, nonché un magnifico film d’azione, ennesima dimostrazione dello stato di grazia del cinema spagnolo di questi anni, che sa muoversi fra i generi senza temere la concorrenza del cinema americano.
José (Antonio de la Torre) era un giovane della ricca borghesia madrilena (padre gioielliere) in procinto di sposare la donna che amava teneramente e con la quale, di lì a pochi giorni, avrebbe messo su famiglia. La serenità della propria esistenza, però, era sparita di colpo, insieme ai suoi sogni e ai suoi propositi, il mattino in cui tre banditi mascherati avevano fatto irruzione nella gioielleria paterna e, con l’accanimento ottuso e insensato degli stolti, gli avevano ridotto il padre, che pure non aveva opposto resistenza, in coma e gli avevano ucciso con crudeltà la fidanzata che si trovava lì per caso. Era stato un colpo durissimo per lui, vissuto fino a quel momento pacificamente, lontanissimo dall’immaginare che i suoi progetti sarebbero naufragati in quello spaventoso mare di sangue.
La sua vita ora, a parecchi anni dal fatto, si svolgeva tra l’ospedale, dove il padre sopravviveva in stato vegetativo e un bar lontano dal centro, dove tutti lo conoscevano e dove sembrava essersi fatto più di un amico. Era un altro uomo, però, (chi non lo sarebbe diventato, con quella pena nel cuore?), che ora meditava soprattutto di vendicare il torto irrisarcibile che aveva subito.
La giustizia istituzionale, del resto, era riuscita a mettere le mani su uno solo dei banditi implicati nella vicenda: un uomo violento di nome Curro (Luis Callejo), il meno colpevole, però, dell’omicidio della sua fidanzata, trattandosi dell’autista che fuori dalla gioielleria attendeva i tre compari con il bottino. L’allarme era scattato prima del previsto, ciò che aveva permesso alla polizia di sorprenderlo nell’auto e di piombargli addosso, mentre i complici erano fuggiti all’impazzata, né avrebbero dato in seguito altre notizie di sé.
Curro aveva pagato per tutti, ma non aveva fatto nomi: condannato a otto anni, ora si apprestava a uscire dal carcere. Aveva in mente di sposare Ana (Ruth Diaz), la fidanzata, madre del suo bambino, ma ignorava che, da qualche tempo, fra Ana e José fosse nata una storia…
Vedremo sbigottiti, nel procedere del racconto, quale spietatezza, ferocia e anche intelligente perfidia stesse usando per la sua vendetta l’ex uomo tranquillo, col quale avevamo in un primo momento simpatizzato e solidarizzato. Il film infatti precisa a poco a poco i contorni inizialmente sfuggenti dei personaggi e degli accadimenti, disseminando solo qualche indizio connotato da una forte ambiguità, senza perciò permettere, prima degli ultimi minuti di proiezione, di comprendere esattamente come fossero andate le cose: tutto è avvolto da una sorta di doppiezza, dal comportamento di José, a quello dei balordi che gli avevano rovinato la vita; dall’amore che sembra legare José ad Ana, al paesaggio della meseta, sfondo di molte scene centrali del film. Tutto è, insomma, contemporaneamente solare e oscuro, sostanzialmente misterioso, né sfugge alla difficoltà di palesarsi con chiarezza ai nostri occhi la stessa Madrid teatro dei fatti: bella e luminosa nel suo centro borghese, sporca e infida nelle zone più povere, dove è collocato anche il bar dei nuovi “amici” di José.
Un bellissimo thriller, molto teso, avvincente e coinvolgente, raccontato con grande e lucida durezza, nonché un magnifico film d’azione, ennesima dimostrazione dello stato di grazia del cinema spagnolo di questi anni, che sa muoversi fra i generi senza temere la concorrenza del cinema americano, fedele, anzi, alla propria tradizione culturale che lo rende riconoscibilissimo e inconfondibile.
Da vedere sicuramente.
Raúl Arévalo, al suo primo lungometraggio come regista*, aveva tenuto per quattro anni la sceneggiatura nel cassetto, sperando di trovare un finanziatore che gli permettesse di realizzare questo film. Aveva poi incontrato sulla sua strada una produttrice che l’aveva aiutato, disinteressatamente, consentendogli l’uscita a Venezia lo scorso anno, nella sezione Orizzonti, dove al termine della proiezione una standing ovation, sette minuti di applausi e il premio all’attrice Alicia Rubio (migliore attrice non protagonista) ne sancirono il successo.
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*Raúl Arévalo era già noto come attore almodovariano (Gli amanti passeggeri), presente con un ruolo importante anche in La isla minima. Non aveva però precedenti esperienze di regia.
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