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Il prigioniero coreano

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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Fabrizio_Giovanardi

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La recensione su Il prigioniero coreano

di Fabrizio_Giovanardi
8 stelle

Nam Chul-woo è un modestissimo pescatore della Corea del Nord. Un giorno, mentre ritira la sua rete dal mare, il motore va in panne ed egli finisce, spinto dalla corrente, oltre il confine marittimo. In Corea del Sud l'accoglienza sarà tutt'altro che piacevole, ed egli verrà sottoposto a un pesante interrogatorio volto a capire se si tratti di una spia o meno. Il regista coreano dirige un film crudo, nel quale non si risparmiano scene di violenza "gratuite" e momenti grotteschi al limite dell'umana decenza. Non si tratta tuttavia di trovate fini a sè stesse, bensì di elementi narrativi assolutamente funzionali alla storia. Il protagonista, metaforicamente pesce in una rete politica inestricabile, si trova costretto in una situazione complicata, stretta, claustrofobica. Le vicende politiche che lo circondano si mescolano a tragici eventi personali che mescolano le carte in tavola, ed egli resta vittima di dinamiche burocratiche e politiche che neanche riesce a comprendere. Il tormento della lotta fra Corea del Nord e del Sud, in piena guerra fredda, rende il protagonista facile bersaglio di entrambi i governi, i quali non esitano a usare la violenza in modo sconsiderato e disumano. Il film usa il pescatore Nam Chul-woo come simbolo per rappresentare tutta la classe sociale meno abbiente, senza distinzione di Nord e Sud, e si impegna a denunciare le difficoltà nelle quali essa versa per colpa di un conflitto politico fondato, spesso e volentieri, sul nulla, nel quale si sprecano le prove falsificate e si utilizzano le proprie problematiche personali come pretesto per l'impiego di violenze ingiustificabili. La pellicola di Kim Ki-Duk è molto imparziale: non ci sono buoni e cattivi, non esiste un buon governo e un cattivo governo. La violenza è trasversale, così come lo è la povertà. La metafora utilizzata da un personaggio a un certo punto del film è particolarmente calzante: "Tanto più brillante è la luce, maggiore sarà l'ombra che genera". Nessuno dei due stati è "ideale", non esiste la città perfetta nella quale tutti possono vivere in totale libertà. è piuttosto la politica stessa che cerca di mascherare le contraddizioni e i soprusi. Ma l'indagine di Kim Ki-Duk, nonostante forse qualche ingenuità di sceneggiatura, è puntuale e chirurgica.

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