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Il prigioniero coreano

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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La recensione su Il prigioniero coreano

di yume
8 stelle

Kim-Ki-Duk prosegue con ferrea coerenza lungo una strada imboccata da tempo, il suo Paese gli offre pretesto e scenari, ma quello di cui parla è l’uomo tout court, la latitudine non fa la differenza e mezzi e mezzucci per prevaricare, violentare, umiliare e tiranneggiare sono la vera, unica lingua universale che unisce razze e Paesi.

 

 

locandina

The Net (2016): locandina

Geumul (The net) è la rete che avvolge in un unico, soffocante, mortale groviglio Corea del Nord e Corea del Sud, due mondi confinanti e antitetici, “ i comunisti di merda ” del regime di Kim Jong-un, uno capace di far fucilare il responsabile dell’allevamento di tartarughe perché l’acquario non funziona, e “gli sporchi capitalisti ” del sud, già ampiamente sbeffeggiati fin dal ’96 nel primo, stupendo lungometraggioche segnò l’arrivo nel mondo del cinema di Kim-Ki-Duk, Ag-o Crocodile.

 

Locandina originale

Coccodrillo (1996): Locandina originale

 

Geumul non fa sconti a nessuno dei due Paesi, un magnifico Ryoo Seung-bum è il povero pescatore del nord che sconfina al sud per un incidente di pesca (la rete si è impigliata nel motore) e così potrà constatare sulla sua pelle che il potere non conosce confini, se finisci nella sua rete non hai scampo, e se sei un povero diavolo che fa il proprio onesto lavoro peggio, non hai niente che possa aiutarti, non hai imparato nessuna strategia di difesa, sei una vittima predestinata e basta.

Prima o poi l’acqua, un elemento che non manca mai nel cinema di questo coreano unico al mondo, ti riavvolgerà nel suo liquido grembo come calda placenta in un definitivo cupio dissolvi.

 

scena

The Net (2016): scena

Kim-Ki-Duk prosegue con ferrea coerenza lungo una strada imboccata da tempo, il suo Paese gli offre pretesto e scenari, ma quello di cui parla è l’uomo tout court,  la latitudine non fa la differenza e mezzi e mezzucci per prevaricare, violentare, umiliare e tiranneggiare sono la vera, unica lingua universale che unisce razze e Paesi.

Si potrebbe dire che nulla di nuovo splende sotto il sole, che il déjà vu regna sovrano, ma non è così.

Quando Kim-Ki-Duk decide di puntare il dito contro le malefatte dell’umanità riesce a farlo sempre come fosse la prima volta che l’uomo scopre il male e ne viene travolto.

 

Questo fa sì che il suo eroe, benchè sconfitto, benchè fatto a pezzi e destinato a morte certa, s’innalzi sempre più man mano che il film procede, e la statura che viene assumendo soggioga chi guarda. Il “teatro della crudeltà” che si agita sulla scena, lungi dal creare fastidio o rigetto, costringe ad una presa di coscienza che sconvolge, commuove e ci lascia silenziosi a pensare.

 

Tra le visioni del primo giorno a Venezia, Geumul ha inaugurato il gran cubo rosso della Sala Giardino su cui il sole meridiano imperversava impietoso. La fila paziente e rassegnata forse si è chiesta perché gli architetti non prevedano alberi nei loro progetti, ma poi la sorte del povero pescatore di Kim-Ki-Duk l’ha ripagata ampiamente delle proprie sofferenze e l’applauso al cast e al suo regista è stato lungo e scrosciante.

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