Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
L'ambiguità del titolo, che non precisa se il protagonista è prigioniero del sud o del nord, dice molto di questo potente film del coreano (del sud) Kim Ki-Duk, morto per Covid nel 2020. Nam Chuf-Woo è un pescatore nord coreano, che vive pacificamente con moglie e figlia, quando un giorno la sua barca ha un'avaria spingendolo a varcare il confine con il Sud. Recuperato dalle guardie di frontiera, diventa un caso diplomatico, perdendo nel giro di pochi giorni, la propria identità di essere umano, diventando, per dirla con Dylan, "solo una pedina del loro gioco". Uomo tutto d'un pezzo, fedele al regima comunista, si trova, suo malgrado, a essere considerato una spia dall'intelligence sud coreana, dove vige un altro tipo di fanatismo, quello capitalista. Capitalismo che Nam vedrà con i suoi occhi, appena li aprirà nel centro di Seoul, fra degrado, violenza e consumismo. Restituito al Nord, accolto come un eroe, il povero Nam subirà lo stesso processo subito al Sud, fra corruzione, violenza e coercizione. Un film spietato, durissimo, che racconta dell'orrore di tutti i fanatismi, (e qui è bravissimo il regista a mantenersi neutro), che finiscono inevitabilmente per svuotare le persone, rendendole poveri gusci umani. Un lavoro eccezionale, un capolavoro che andrebbe trasmesso in televisione, un giorno sì e l'altro ancora.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta