Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
Questo di Lucas Belvaux è un film che si inserisce nella situazione attuale, sulla quale intende(va) incidere concretamente. Non so dire se il regista ambisse ad influenzare le elezioni politiche - come secondo me tentò di fare, senza fortuna, Michael Moore di Fahrenheit 9/11 (2004) - però sembra chiara l'intenzione di aprire gli occhi su quello che si nasconde dietro agli slogan e a qualche faccia rassicurante di formazioni politiche di estrema destra, come il Front National di Marine Le Pen. Se il cinema ha (ancora) questo potere, bisogna riconoscere che Belvaux in questo senso ha avuto successo, perché, con tutti i suoi difetti, Macron non costituisce un pericolo per la democrazia.
A casa nostra ha un titolo che immediatamente rimanda a qualche parola d'ordine delle destre europee («padroni a casa nostra») ed ha un copione che per certi aspetti si scrive da solo, in quanto basta trascrivere i comizi di certi personaggi politici che purtroppo oggi vanno per la maggiore, anche tra chi tradizionalmente militava a sinistra. È il caso di Pauline Duhez, infermiera di una cittadina del nord della Francia, non lontano dai confini con il Belgio (dovrebbe essere Lens o dintorni). La ragazza, figlia di un anziano comunista, riceve la proposta di candidarsi a sindaco della propria cittadina per il Blocco Nazionale nel quale si candida anche la leader politica del movimento. A proporle la candidatura è il medico di famiglia, persona benvoluta e notoriamente di destra. Dopo qualche giorno di riflessione, la giovane accetta la candidatura, rompendo i rapporti con il padre, mentre le cose si complicano dopo che la donna riallaccia una relazione sentimentale con un vecchio compagno di scuola coinvolto nelle imprese delinquenziali di una formazione dell'estrema destra.
Il film, in questo senso e con le finalità sopra indicate, è meritorio, ma la sceneggiatura ha troppi difetti per poterlo considerare riuscito: proprio per l'urgenza di uscire in tempi determinati, alcuni particolari e snodi narrativi risultano pretestuosi e poco credibili. La necessaria sintesi cinematografica non può essere sufficiente a giustificare qualsiasi forzatura narrativa. (14 aprile 2019)
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