Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
I proverbi esistono anche per la possibilità di considerarli in senso opposto al loro significato originale. Applicando questa procedura all'ultimo film di Lucas Belvaux, che tante polemiche ha scatenato per le allusioni a fatti e personaggi riconducibili alla storia politica della candidata presidenziale Marie Le Pen, verrebbe da dire che il detto "L'erba del vicino è sempre più verde" non riguarda di certo i cugini francesi, costretti, loro malgrado, a barcamenarsi tra la nostalgia verso i fantasmi di un passato difficile da dimenticare e le ansie scatenate dal profilo politico e morale degli uomini e delle donne chiamate a reggere le sorti del paese. In questo senso "A casa nostra" (Chez nous) disegna un quadro a dir poco inquietante, immaginando - per modo di dire, visto che il film ricalca da vicino personaggi e avvenimenti della cronaca francese - che Pauline Duhez (la brava Emilie Dequenne), infermiera bella e gentile venga scelta dall'RNP (leggasi Front National) per concorrere alla carica di sindaco della sua cittadina. Del tutto estranea ai meccanismi della politica, Pauline è in realtà il modo con cui il partito vorrebbe rifarsi un'immagine sporcata dalle accuse di fomentare le rappresaglie compiute dalle frange neonaziste nei confronti della popolazione straniera. Detto che il piano escogitato dagli ambigui faccendieri (guidati da Philippe Berthier, magnificamente interpretato da André Dussollier) si complica non poco quando Pauline - in piena corsa elettorale - inizia a frequentare un uomo, la cui (segreta) militanza in una formazione paramilitare e xenofoba rischia di rivelarsi un boomerang per l'ascesa di Agnès Dorgelle, (leader dell'RNP), la sfida di Belvaux non si limitava solamente a combinare la finzione di personaggi scaturiti dalla fantasia del regista con quelli appartenenti alla vita reale, dei quali i primi sono in parte la trasfigurazione. Perché, come succede per le opere che ragionano sui massimi sistemi, anche a "A casa nostra" si chiedeva di utilizzare il tema della politica e delle sue seduzioni, sfruttandone si, l'empatia drammaturgica derivata dalla centralità delle questioni messe in campo (il rapporto tra i partiti e il proprio elettorato, il problema dell'immigrazione, il populismo come strumento di lotta politica) ma senza tralasciare un'analisi che sapesse andare oltre i talk show e i titoli dei giornali.
A conti fatti Belvaux sceglie una via conservativa che consiste nel mettere in scena lo schema adottato nel film precedente. Sostituendo l'intellettuale engagé di "Sarà il mio tipo?" con i personaggi di Bertier e Dorgelle, e mantenendo inalterata la figura della madre single e proletaria (a cui è ancora Emilie Dequenne a prestare il volto), come pure scegliendo di ambientare la vicenda nella provincia francese e, in particolare, in una zona a nord di Parigi (in questo caso in un lembo di terra non distante dai campi d'accoglienza di Calais) il regista mette in scena il medesimo tipo di innamoramento: tanto improvviso e seducente quanto incapace di dare seguito alle sue promesse. Una scelta che, da una parte, offre allo spettatore occasionale la possibilità di seguire senza soluzione di continuità l'avventura esistenziale della protagonista, resa credibile dalla perfetta immedesimazione della Dequenne e degli altri compagni di viaggio; dall'altra, mantiene fede alle premesse della storia con una serie di sequenze forti (come quelle che riguardano la caccia al musulmano) e significative (quella del discorso elettorale di Dorgelle/Le Pen).
A funzionare meno è invece il confronto con la Storia dei nostri giorni di cui "A casa nostra" non riesce a fornire un quadro complessivo che vada oltre il già visto e sentito. Belvaux è attento a darne rappresentazione, senza però superare quella che è una corretta messa in scena delle varie parti del puzzle. Un problema che, a nostro avviso, riguarda soprattutto la scelta del dispositivo, il quale, nel rispetto delle sue caratteristiche volutamente narrative e di una raffigurazione classica dei personaggi non può far altro che "riassumere" la complessità della materia oggetto della sua indagine. Non potendo contare sulla capacità evocativa e di sintesi delle sue immagini (come succede per esempio nel cinema di Garrone e Sorrentino) "A casa nostra" procede con una narrazione orizzontale che, per forza di cose, rimane sulla superficie dei fatti e al quale spetta un giudizio benevolo ma lontano dall'enfasi che ne aveva accompagnato l'uscita francese.
(pubblicato su ondacinema.it)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta