Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Ne viene fuori un film malinconico, dal sapore amaro e nello stesso tempo delicato, ancorché leggero e poetico, nonostante lo strombazzare delle marce militari, della radiocronaca trionfalistica della radio, quella radio di Stato che ha espulso Gabriele.
L’impegno politico di Ettore Scola nella vita sociale e nel cinema è cosa nota ed è stato presente nelle sue opere quasi costantemente. L’esempio più fulgido è certamente questo film, ambientato nella Roma Capitale fascista, quindi terreno fertile sia per lo spunto che per raccontare una storia qualunque in una giornata qualunque in un appartamento qualunque di un quartiere edificato proprio in quegli anni e da quel regime. La trama insolita e la felice mano del regista fanno diventare magicamente e tragicamente la storia alquanto particolare, in una giornata che è particolare: in città c’è la visita ufficiale del potente alleato del Mussolini, Hitler. Anche Antonietta, casalinga, moglie di una camicia nera e madre di sei figli, è irretita e soggiogata dalla figura del duce italiano, come tutta la sua famiglia e come d’altronde buona parte della popolazione. Gabriele è una persona perbene, ormai annunciatore EIAR disoccupato perché licenziato in quanto giudicato “sovversivo”; in realtà sappiamo bene che in quei tempi essere omosessuale era una colpa grave. In sostanza i due personaggi rappresentano le due anime politiche di quegli anniche casualmente si trovano in quella giornata strana e particolare: da una parte, quindi, l’ignoranza popolare e popolana che venera e accetta un sistema totalitaristico e, dall’altra, la sparuta schiera delle persone che non avevano chinato la schiena e, pur se timidamente, cercavano di affermare la propria intelligenza e indipendenza.
Ne viene fuori un film malinconico, dal sapore amaro e nello stesso tempo delicato, ancorché leggero e poetico, nonostante lo strombazzare delle marce militari, della radiocronaca trionfalistica della radio, quella radio di Stato che ha espulso Gabriele. Il film che parte come una festa nazionale diventa dolcemente un microcosmo in cui due anime inaspettatamente compatibili si guardano negli occhi e si ritrovano, uno trova conforto nell’altra, l’altra scopre momenti di quiete e felicità anche morale nella sensibilità e nello stile garbato di un uomo che pare impotente anche di fronte alla situazione sociale e politica. Anche se la pellicola attraversa momenti di stanchezza a metà dell’opera, il film ci rapisce per la dolcezza e l’amarezza che si addensano nel racconto, nei dialoghi che metaforicamente rappresentano le anime diverse di un intero popolo in difficoltà. Difficile dire se questo è proprio il migliore di Ettore Scola, certo è che il film è ormai nella nostra memoria collettiva, partendo già da quel piano sequenza iniziale che pian piano plana su quell’edificio e su quella terrazza dove Antonietta e Gabriele incroceranno i loro momentaneo destino, e lasciandoci con un triste finale che pare proprio ineluttabile, con il libro di lui nelle mani stanche di lei. Ma con uno spiraglio di novità e speranza nel cuore e nella mente.
La perfetta regia ha felicemente diretto una delle migliori Sophia Loren di sempre, dal volto stanco e sciupato, senza trucco, lasciandola bella come sempre e un Marcello Mastroianni a dir pocomagistrale, memorabile esempio per recitazione, degno della candidatura agli Oscar del ’78.
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