Regia di Alex Garland vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=L6gwu8cOfVk
Un ciclo biologico (nascita – sviluppo - fine vita) può anche essere facile da tracciare, a grandi linee.
Ma è il travaglio della transizione da uno stadio evolutivo all’altro che getta un cono d’ombra sul momento descrittivo, di dettaglio. Arcano che conosce il suo acme nella gestione del punto di rottura totale, “annientamento” (scaturigine del “nuovo” tout court, bello o bestiale che sia); l’apprensione dei sintomi, l’epifania nel ciclo biologico, la comprensione delle cause e degli effetti: diretti… ed indiretti.
Nel corso del processo evolutivo la cangiante dimensione del surreale, del mistero, dell’incognito si lascia penetrare da quella che avrebbe dovuto essere la forma più evoluta di organismo vivente sulla terra (fino a quel momento). Un gruppo di uomini, prima, e di donne poi: il genere umano. Prossima cavia di una forma vitale che non sarà più la stessa…
Un magma di pensieri, preoccupazioni e paure; attese, ansimi e angosce si addensa prima, si espande e si comprime poi, si fraziona; si trasforma. La vita cambia forma, muta natura, si contamina di elementi nuovi e torna nel mondo come lo avevamo lasciato arricchita di una linfa contagiosa…
To be continued?
Lo scenario è preoccupante (ciò che, d’altronde, si sposa con l’esigenza di nebulosa sospensione che attanaglia il dipanarsi degli eventi e che, nondimeno, trattiene il dinamismo potenziale del film e lo soggiace a pastoie ingombranti, che appesantiscono la visione e ne smorzano l’entusiasmo).
Le premesse e, in generale, la descrizione dello spazio scenico peccano di eccesso di frammentarietà.
In una dimensione terrena e terrestre che nasce sfocata di suo, non geolocalizzata da precise coordinate (l’Area X come l’anno zero), né a livello di rete sociale (dei protagonisti si conosce lo stretto indispensabile su provenienza, identità e ruolo sociale) ogni informazione di contesto, forse dispersiva, viene centellinata e dispensata a fatica e contribuisce a comporre un quadro dai contorni instabili, fragili, buoni appena ad innescare il motore della narrazione, a dare il la all’azione (se di “azione” si può parlare).
Il ritmo langue.
La credibilità difetta anche nei momenti di apparente lucidità (dotazione tecnica ed armamentario delle avventuriere fanno dubitare anche i meno scaltri della sensatezza del proemio della sceneggiatura).
L’impatto dell’immagine compensa.
La tensione si addensa man mano che impasti eterogenei di materia mutevole ed allucinazioni prognostiche innescano inediti processi biologici; che si annullano; che si trasformano.
L’atmosfera prismatica che scandaglia le sfaccettature del reale alimenta esplosioni di vitalità stupefacente, aberrante, indicibile; ed altresì angustia il rigore delle leggi scientifiche ad oggi note, per fare spazio a nuovi meandri del pensiero (ir)razionale e dell’essere; incredibili ed inquietanti al contempo.
Annihilation è un film con pretese da studio filosofico, che supera le costrizioni delle leggi fisiche per sconfinare impudentemente sul suolo della metafisica; è un film che porta l’esplorazione dell’uomo sui lidi della ricerca di un’identità (purchessia), prima, e del contatto con l’alieno, dopo; è un film sul destino evolutivo della natura delle cose (animate). Su cosa ci potrebbe attendere un domani e sulla transizione che precede l’orizzonte della vita, come la conosciamo oggi. In attesa di una nuova alba;
To be continued (per l’appunto)?
Ambizioni alte per un risultato che appaga… nonostante tutto. Che arriva, anche se fatica. Che tocca, stimola e lascia segni; prevalentemente positivi, a conti fatti.
Ergo, to be continued (io spero).
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