Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Ci sono le più disparate e nobili origini dietro a questo Brazil: a cavallo fra 1984 e Blade runner (il potere opprimente, i ribelli, schegge impazzite), con un tocco di kafkiano nell'inspiegabile e cospiratorio precipitare degli eventi, e ancora per ammissione di Gilliam stesso c'è del felliniano, versante 8 e 1/2 (forse intendeva accennare alla dimensione psicanalitica della fuga, cui i due film paiono approcciarsi similmente). Ma in realtà pare esserci pure qualcosa del sordido e del grottesco alla Cronenberg. Il risultato, sotto il profilo narrativo, risulta comunque un po' sconnesso, e purtroppo non con quel tocco aggraziato con cui i Monty Pythons (a proposito: in un ruolo minore compare Michael Palin) si permettevano autorevolmente di cancellare e farsi beffe della logica; c'è un'atmosfera claustrofobica che deriva dagli interni schiaccianti e dai plumbei cieli ed una commistione fra generi (azione, sentimentale, fantascienza, un pizzico di comico) in definitiva riuscita. Il titolo, questo sì che è pythonesco, viene dalla canzone omonima (che è il tema ossessivamente ripetuto del film), in stridente contrasto con la tensione e la tragedia che si respirano nel film.
In una futuribile metropoli controllata da una dittatura feroce, un timido impiegatuccio si ritrova suo malgrado impegnato in una fuga per la sopravvivenza.
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