Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Ogni tanto capita che si crei quella magia per la quale un film più è lungo e più si spera che non finisca mai. Per Brazil, questa magia si ripete ad ogni visione. Ed il film di Gilliam, per me, entrerebbe di diritto tra i cento che salverei da un'ipotetica distruzione. Si tratta, infatti, di un'opera intelligente, fantasiosa, divertente, piena di spunti di riflessione, di riferimenti letterari e di citazioni cinematografiche. Tra queste ultime, sono riconoscibili quanto meno una a Casablanca ed un'altra a La corazzata Potëmkin. Per quanto riguarda i precedenti letterari, sono evidenti i richiami al 1984 di Orwell, ma anche all'opera di Kafka (la struttura opprimente e al tempo stesso dispersiva del potere, una burocrazia di proporzioni elefantiache), di Voltaire e di Swift. Il tutto è frullato insieme allo humour surreale e poco britannico dei Monty Python, sodalizio qui rappresentato dallo stesso Gilliam e dall'attore Michael Palin.
La cifra del film è un pessimismo della ragione, che invita ciascuno di noi a prendere coscienza dei pericoli di una dittatura tecnologica, che si nasconde dietro alle scartoffie e alle lusinghe del consumismo (gli impianti guasti non possono essere riparati, ma devono essere sostituiti; una ragazzina chiede in regalo la carta di credito; le donne tentano di ringiovanire per mezzo di continui interventi di chirurgia plastica).
Brazil è un film coloratissimo che nasconde una sostanza nerissima, il cui finale pessimista è un salutare schiaffo sulla faccia dello spettatore più curioso ed attento.
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