Regia di Jim Sheridan vedi scheda film
È un film di denuncia civile ed etica questo "In the name of the father" che resta probabilmente il più significativo risultato dell'irlandese Jim Sheridan. La trama riprende la vera storia di Gerry Conlon e del clamoroso errore giudiziario sui "quattro di Guilford", ingiustamente accusati di aver messo una bomba in un pub che fece una strage di civili, e della condanna in carcere di quindici anni scontata ingiustamente da Conlon e da altri suoi familiari come il padre, che vi morì. La materia narrativa é estremamente rischiosa ed era facile scadere nella banalità o nei luoghi comuni; a dire il vero, soprattutto nella prima parte si ha l'impressione di un'impostazione piuttosto manichea dei personaggi e di uno stile di regia che tende un po' troppo a spettacolarizzare certe sequenze secondo il modello hollywoodiano, piuttosto lontano dal modello di cinema civile e politico alla Rosi o Petri, tanto per intenderci. Tuttavia, alla fine della pellicola la denuncia risuona molto forte, il film ci ha regalato sequenze intense e a modo loro emozionanti soprattutto nel rapporto padre/figlio in prigione fra Gerry e Giuseppe, la recitazione offre un saggio di bravura come al solito impressionante di Daniel Day Lewis, accompagnato dagli altrettanto validi Pete Postlethwaite, Emma Thompson, Corin Redgrave e John Lynch. Qualcuno sostiene che Sheridan pecchi di sentimentalismo, ma a mio parere bisogna dargli atto di una ricostruzione comunque rigorosa e intelligente di una vicenda che getta ombre sinistre e inquietanti sulla giustizia britannica, narrata con un linguaggio di sicura presa emotiva sullo spettatore; qualche momento di retorica é forse inevitabile, ma ampiamente compensato dai pregi finora esposti, quindi direi che meno di 4 stelle non sarebbe onesto dare al film. E sicuramente una menzione per la colonna sonora, con alcuni brani di Bono degli U2 che non si dimenticano facilmente.
Voto 8/10
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