Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Con "L'età dell'innocenza" Scorsese dimostra di poter essere anche un grande regista di film "letterari", un po' sulla scia di Luchino Visconti che il regista americano ha sempre ammirato e che qui viene omaggiato soprattutto nella scena iniziale a teatro, che ricorda l'inizio di "Senso". Potrebbe sembrare in apparenza il "solito" film in costume, ma in realtà è una storia che racconta con una pena sottile lo scontro fra le ragioni del cuore e la convenienza sociale, piena di amarezza e di un dolore autentico, restituito con grande trasporto dagli attori. La fonte letteraria è un romanzo prestigioso di Edith Wharton, di cui la voce narrante (in originale di Joanne Woodward) ci riporta alcuni passi, ma il film ha un andamento cinematografico ben definito con una sontuosa fotografia di Michael Ballhaus, elaborati piani-sequenza e dissolvenze sul giallo e sul rosso che ricordano quelle del bergmaniano "Sussurri e grida", oltre che una bellissima scena floreale per i titoli di testa a cura dello specialista Saul Bass. Attori magnifici. Che Daniel Day-Lewis fosse un fuoriclasse della recitazione lo si era già capito all'epoca, ma la vera sorpresa è Michelle Pfeiffer, forse nel miglior ruolo della sua carriera, perfetta nel rendere gli slanci amorosi e l'ansia di libertà della contessa Ellen Olenska, che dovrà soffocare per assecondare i rituali dell'aristocrazia newyorchese e pemettere il matrimonio di Newland Archer. Nel ruolo della fidanzata anche Winona Ryder recita con sicurezza e si guadagnò una nomination all'Oscar, quando la sua carriera era ancora in fase ascendente. A chi lo reputa noioso e imbalsamato, suggerirei di guardarlo bene: Scorsese ha abbinato il suo consueto puntiglio per l'immagine ad una trama che ha ben poco di melenso, e che scava in profondità nei meccanismi di condizionamento dell'individuo. Grande cinema, anche qui.
Voto 9/10
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