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L'età dell'innocenza

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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Dany9007

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'età dell'innocenza

di Dany9007
7 stelle

Finita l’epopea classica della “gloriosa hollywood” i film in costume sono stati generalmente osservati con sospetto dai registi e produttori (soprattutto questi ultimi). Ricordo un commento di Milos Forman che raccontava i dubbi appunto della produzione all’idea di riuscire a far soldi con Amadeus, un film che si reggeva su quasi 3 ore di parrucche, costumi sfarzosi ed opere teatrali. Poi invece si rivelò un enorme successo di critica e pubblico, ma altri registi ne uscirono ben più scottati. Scorsese, con coraggio, esce dal contesto a lui più congeniale ( è da dire che  si è cimentato in vari generi: oltre alle straordinarie narrazioni gangster o della contemporaneità suburbana già aveva fatto incursioni nella commedia o in una rilettura personalissima del contesto biblico) per portarci prima di tutto in un’epoca ed in un ambiente generalmente poco narrato nel cinema. Gli anni ’70 dell’800 portano alla mente la frontiera, la conquista del west, le grandi praterie o le montagne esplorate dai trappers nonché la costruzione della ferrovia verso il Pacifico. Sono poche le pellicole incentrate sullo sviluppo della “Grande Mela” in quel periodo, la quale stava ormai avviando uno sviluppo tale da contendere di lì a poco il primato di prestigio e di importanza economica alle grandi capitali europee. Dunque Scorsese si cimenta in una ricostruzione minuziosa della realtà dell’epoca, soprattutto della cosiddetta high society  di allora andando a narrarci una sostanziale vicenda intima, che deve scontrarsi con le logiche ed i pregiudizi che la caratterizzano. Il tocco del regista è di un’attenzione eccezionale ai dettagli e ad una ricostruzione scenografica di altissimo livello. Ci vengono spiegati i riti, le cerimonie, le caratteristiche delle abitazioni ed i loro arredi, persino i dettagli dei ricevimenti, apprendiamo, sono frutto di una minuziosa seclta che porta ad non solo alla celebrazione di un evento, quanto a trasmettere un messaggio subliminale. È in questo universo che veniamo dunque catapultati, in un’alta società legatissima a questi suoi meccanismi, tanto che alcuni critici vi hanno visto un sostanziale riferimento alle dinamiche, se non proprio ai riti, tipici delle famiglie mafiose, già dipinte da scorsese in Quei bravi ragazzi. Effettivamente, come il pericolo che vivono i protagonisti dei gangster, il senso di costante tensione è avvertibile più volte nella storia: nessun personaggio, per quanto benestante o mosso da idee benevole è del tutto libero di agire senza una sostanziale approvazione quasi “tribale” da parte delle altre famiglie. Il rischio di cadere in disgrazia è sempre in agguato ed una buona reputazione è ben più necessaria che esprimere liberamente una propria idea o un proprio atteggiamento, tanto più questo concetto vale nelle relazioni affettive. Come detto Scorsese ci presenta innanzitutto una vicenda intima con un fidanzamento prima ed un matrimonio poi che rischiano di sgretolarsi per un amore più sincero (ma mai consumato), attraverso le vicende dei tre protagonisti, il distinto ed affascinante Newland Archer, la sua fidanzata e poi moglie May e la cugina di quest’ultima, la contessa Olenska. Il senso di costrizione in cui vivono i protagonisti, ciascuno costretto, più o meno piacevolmente ad interpretare il ruolo che gli compete in società, mi hanno portato a riflettere su un altro film che si cimentò ampiamente nel descrivere una società sostanzialmente molto più chiusa e spietata di quanto volesse far trasparire: Barry Lyndon. Sebbene ambientato circa un secolo prima de L’età dell’innocenza il film condivide la stessa attenzione allla ricostruzione storica, la stessa cura del dettaglio, delle luci delle posture dei personaggi che in più occasioni divengono parte di un ritratto più che di un film. Così come il mondo tanto anelato dal protagonista Redmond Barry, disposto a tutto pur di acquisire uno status ed un titolo nobiliari, così la società del “Nuovo Mondo” sembra ancora ancorata a quel retaggio di pregiudizio e di spietatezza che contraddistingueva la nobiltà da Ancient Régime: anche a New York basta un pettegolezzo o una maldicenza per venire ostracizzati dai propri conoscenti (proprio come in Barry Lyndon il protagonista si vedrà rifiutato ogni invito dopo aver avuto un atteggiamento iroso, ma sincero verso il proprio figliastro, allo stesso modo la contessa Olenska subisce una vera e propria emarginazione solo non rispettare tutti i dettami imposti dalla più moderna ma rigidissima alta società newyorkese). Tutti questi meriti si limitano però ad un’opera elegante, raffinatissima e splendidamente girata, ma che difficilmente riesce a far davvero trasparire emozioni o creare una sincera empatia coi personaggi, che in ogni caso, anche per lo spettatore più coinvolto, rimangono delle figure proprio schermate dal loro altissimo stato sociale.   

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