Regia di Sergio Leone vedi scheda film
Se lo si confronta ai grandi classici americani del cinema western (penso ai film di John Ford, Anthony Mann, Howard Hawks, solo per citare tre mostri sacri), “Per un pugno di dollari” non merita certo le quattro stelle che gli sto assegnando. Rappresenta però l’inizio di una tale rivoluzione nel genere, che non gli si possono neppure negare. La conferma verrà, come è noto, dalle quattro opere successive dello stesso Sergio Leone. Ancora ragazzo, ebbi la fortuna di vedere per la prima volta “Per un pugno di dollari” poche settimane dopo la sua uscita. Appassionato di film western, ma ancora troppo giovane per conoscere i nomi di registi, attori, produttori e compositori di colonne sonore, entrai nel suddetto cinema convinto di trovarmi di fronte ad un film americano. D’altronde, tutti i nomi nelle locandine (a parte quello di Clint EWastwood, ovviamente) erano stati anglicizzati. Uscii dalla sala completamente stordito e con una musica in testa che non mi dava tregua. Cosa era accaduto? Cosa avevo visto? Un film western avvincente, certo, ma zeppo di novità impensabili prima di allora. I personaggi mi erano apparsi irreali, tutti splendidamente sopra le righe: Clint Easwood? Mai sentito nominare. John Egger (Gian Maria Volonté)? Straordinario ma per me ignoto. Poi il vecchio becchino, la madre dei Rojos, il gestore della locanda, i membri delle due famiglie nemiche... Fui preso da un capogiro: non avevo mai visto un western così violento, con una colonna sonora così penetrante, con dialoghi così stringati e lapidari. Tornai a vedere il film due volte il giorno successivo e altre dieci volte nel corso dell’anno! Mi informai e cominciai a comprendere. Era nato un nuovo genere, lo “spaghetti western”, con buona pace della lunga era del western americano. Ecco dunque spiegate le mie eccessive quattro stelle, ma il bello doveva ancora venire...
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